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31.5.19

Sull'Italia incombe la "Tempesta Perfetta"

Gentili amici, che mi leggete, vi comunico che il rischio speculazioni incombe sull'Italia perchè in autunno noi avremo nuovamente gli ingredienti per una "tempesta perfetta". Non c'è stato ancora il previsto boom economico e, nostro malgrado, stiamo registrando una crescita prossima allo zero. Lo ricordate Salvini che inveiva contro i burocrati di Bruxelles perché secondo lui non imbroccavano mai i nostri dati di crescita e Di Maio, che sul balcone festeggiava raggiante il deficit italiano, scommettendo sulla nostra ripresa economica dovuta, secondo lui, al Reddito di Garanzia. Per mesi i “pupi” hanno sbandierato un aumento del PIL del 2,4%, per poi rifare i conti e attestarsi su un più realistico 0,2%, il più basso d'Europa. E' vero che l'Italia è sempre stata il fanalino di coda in Europa, ma occorre sottolineare che mentre nel 2017 il differenziale tra Italia ed eurozona era dello 0,7% quest'anno il differenziale sarà dell'1.2%. Mentre gli investimenti nel 2017 aumentavano del 4,3% oggi sono meno dello 0,3%. Rispetto al 2017 abbiamo perso 350 mila posti di lavoro di cui 100 mila a tempo indeterminato. Si tratta prevalentemente di una crisi di fiducia perchè questo governo non convince nessuno sul piano economico. L'OCSE ha dichiarato questa settimana, che la ripresa sarà, purtroppo, uguale a ZERO e che gli investimenti sono attualmente sotto ZERO e che la produzione industriale sta tornando in territorio negativo. Il debito pubblico sta paurosamente aumentando in quanto le politiche economiche del governo giallo-verde ( quota cento e reddito di garanzia in primis ) sono state finanziate con denaro a deficit (oppure prelevato da altri pensionati). Tutti oggi hanno capito che questi interventi non stimoleranno ne crescita e ne lavoro. Se a questo aggiungiamo che Salvini in queste settimane attacca nuovamente l'Europa preannunciando lo sforamento del deficit con parole tipo "io posso indebitarmi quanto voglio e me ne frego delle regole" (aggiungo io, tanto poi pagheranno gli italiani) , possiamo stare certi che i grandi investitori internazionali si rivolgeranno ad altri mercati e che gli speculatori aspetteranno il momento giusto per scommettere negativamente sul'Italia e spezzarci le reni. Non basterà la nuova immagine di Di Maio che ogni giorno dà dell'irresponsabile a Savini a salvarci. Sono entrambi responsabili delle politiche economiche di questo governo e il mercato finanziario italiano entrerà a breve in una fase di grande volatilità. Le cose peggiori le vedremo in autunno con la manovra finanziaria, quando si dovrà decidere se aumentare l'IVA oppure fare nuovo deficit. Da noi, in Trentino, le cose non vanno meglio; anzi in salsa trentina il governo non può definirsi competente. Le decisioni importanti passano da Fugatti, attuale leader e lo stesso deve confrontarsi con Salvini. Un tappo istituzionale che rallenta e distorce tutte le decisioni. A fronte di alcune scelte indovinate come quella di decentrare gli incontri di Giunta sui territori si ha l'idea che non ci sia una regia economico-politica del bilancio provinciale: a distanza di 24 ore si annunciano notizie tra loro contrastanti; 30 milioni in più alle famiglie che fanno figli e 120 milioni in meno (in 4 anni) alla sanità pubblica, che si rivolge prevalentemente alle famiglie, ma sopratutto dopo aver prospettato nei mesi scorsi migliorie e investimenti nei reparti nascite degli ospedali decentrati. Come a livello nazionale anche in Trentino il governo è in perenne campagna elettorale e non fa i conti con la realtà. E quando prende decisioni economiche non tiene conto delle condizioni dei soggetti beneficitari; vedi i biglietti gratuiti sugli autobus ai pensionati, vedi le rette nei nidi, vedi il sostegno ad ogni figlio fino a tre anni, vedi le case gratuite a chi ritorna nei paesi di montagna...

@enio

25.5.19

L'onda populista

Non risparmia nessuno l’esercito di bandiere verdi che ha invaso il centro di Milano. Insulti, slogan, battute al vetriolo. E tanti, tantissimi fischi. Anche verso Papa Francesco, «colpevole» di aver chiesto meno morti nel Mediterraneo nel giorno dell’ennesimo braccio di ferro sui migranti, con la Sea Watch bloccata al largo di Lampedusa. Eppure il comandante dell’esercito «sovranista», il vicepremier Matteo Salvini, si è presentato al suo popolo con il Rosario fra le mani e citando la Madonna. Nessuna sorpresa. C’è tutto e il suo contrario in questo finale di campagna elettorale sul fronte dei cosiddetti «sovranisti» e anti-europeisti, tenuti insieme più dalla pancia che dalla testa. C’è un dato sul quale, però, occorre riflettere. Nessuno parla più di «piani B» o di uscita dall’euro: la lezione che arriva dall’Inghilterra è stata sufficiente a far cambiare idea anche agli irriducibili nostalgici della vecchia lira. Il 70% degli italiani, raccontano gli ultimi sondaggi, ha i piedi saldamente piantati nell’amato-odiato Vecchio Continente. Lo abbiamo capito molto bene anche nello scontro di qualche mese fa sulla Finanziaria, con i due partiti della maggioranza che hanno dovuto imboccare la retromarcia dopo aver chiesto a Bruxelles di portare il deficit a ridosso del 3%. E allora? Il rischio vero, nell’ultimo giro di boa della campagna elettorale, è di perdere definitivamente la bussola e di far finire tutto nel tritacarne del «populismo» perfino il Papa. Eppure, gli stessi partiti che oggi se le danno di santa ragione, sanno bene che fra una settimana, le urne saranno finalmente chiuse e gli slogan lasceranno il posto alla cruda realtà dei numeri. Quella di un Paese che non ha mai superato la sindrome dello «zero virgola», che viaggia perennemente in bilico sul sentiero della recessione e che avrebbe bisogno di meno debito e più crescita per voltare pagina. Sono le preoccupazioni espresse ieri dal leader della Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha ribadito (se mai ce ne fosse bisogno) soprattutto un concetto: mai e poi mai i nostri alleati ci consentiranno di sforare la fatidica soglia del 3% di deficit. Prima ancora che da Bruxelles, infatti, saremmo puniti dai mercati (provare a leggere, per credere, le evoluzioni dello spread dell’ultima settimana). 

22.4.19

I due litiganti

Se un marziano sbarcasse a Roma, finirebbe per credere che Matteo Salvini e Luigi Di Maio, lungi dall’essere i vicepresidenti del Consiglio dello stesso governo, siano l’uno il leader della maggioranza e l’altro dell’opposizione. Con ruoli interscambiabili, per cui, se uno dei due fa l’istituzionale, l’antagonista subito s’improvvisa barricadero. Neanche all’epoca della sfida del fuoco tra il democristiano De Mita e il socialista Craxi (correva l’anno 1983 e il «patto della staffetta» tra i due naufragò: a Palazzo Chigi andò solo il leader del Partito socialista), lo scontro nella maggioranza era una lotta continua di questi livelli. «È grave che la Lega minacci la crisi», accusa Di Maio, che teme la tresca fra Salvini e Berlusconi. «La crisi di governo è solo nella testa di Di Maio», gli risponde il leader leghista, che invece paventa trame fra i Cinque Stelle e il Partito democratico. Come in un matrimonio che traballa, ma in cui i coniugi capiscono che il divorzio sarebbe sconveniente (almeno fino al voto europeo del 26 maggio), entrambi denunciano le scappatelle con più attraenti amori politici a destra oppure a sinistra. Questa permanente campagna elettorale, alimentata dai sondaggi che danno Salvini con il vento in poppa, e lui cavalca l’onda, paralizza l’azione del governo nei molti campi della discordia. E offusca il ruolo di Conte