12.10.22

Mentre noi elemosiniamo il suo petrolio l'Arabia Saudita si è schierata con la Russia


 Dallo scoppio della guerra in Ucraina Ryad è diventata il centro dei pellegrinaggi dei leader mondiali. Tutti sono andati con il cappello in mano alla corte del principe ereditario, Mohammed bin Salman, per chiedergli di vendere più petrolio per aiutarci a far fronte alla crisi scatenata dal conflitto, far abbassare i prezzi e per ridurre la dipendenza dell'Occidente dalla Russia di Vladimir Putin. Il primo a correre da lui è stato l'ex premier britannico Boris Johnson, poi ci è andato il presidente americano Joe Biden, e infine il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il francese Emmanuel Macron lo ha invece invitato a Parigi.

In pratica lo hanno incontrato tutti gli uomini più potenti dell'Occidente. Ovviamente sono stati accolti a braccia aperte e non sono mancate le classiche foto di rito dell'evento e delle calorose strette di mano, a segnare la fine di fatto delle condanne legate  all'intervento militare nello Yemen o all'uccisione del giornalista Jamal Ahmad Khashoggi nell'ambasciata saudita di Istanbul quattro anni fa. L'omicidio del reporter critico verso il regime scatenò l'indignazione mondiale e Biden arrivò a definite bin Salman un 'pariah'. Ma vabbè, con la crisi dell'energia che morde le nostre economie, chi vuoi che se ne freghi dei diritti umani, e la reputazione del Paese è stata ripulita i men che non si dica sul palcoscenico internazionale.

 E per tutta risposta ora bin Salman ha deciso di schierarsi con Putin, dando uno manrovescio in faccia a Usa ed Europa. L'Arabia Saudita e la Russia, in qualità di leader del cartello energetico Opec Plus, hanno concordato ieri il primo taglio della produzione di petrolio in più di due anni, nel tentativo di aumentare i prezzi, contrastando di fatto gli sforzi degli Stati Uniti e dell'Europa per bloccare le enormi entrate che Mosca ricava dalla vendita del greggio, e che utilizza per finanziare la guerra in Ucraina. Il gruppo ha abbassato l'obiettivo di produzione collettiva di petrolio di 2 milioni di barili al giorno, pari a circa il 2% del consumo globale, anche se la riduzione effettiva dell'offerta potrebbe essere inferiore, probabilmente più vicina a 1 milione di barili, poiché molti membri, come la Nigeria, stanno già producendo al di sotto dei loro obiettivi.

19.8.22

Si è parlato a lungo sulla strana fine del nostro poeta “G. D’Annunzio “


 All’epoca, alcuni giornalisti, ritennero che il vate si fosse suicidato; altri che fosse morto a causa di una accidentale caduta da un balcone della villa; altri asserirono che il poeta, negli ultimi tempi, soffriva di crisi depressive, facendo risalire la sua fine poiché il Poeta aveva espresso il desiderio di darsi la morte come fece lo zio Demetrio. Per diversi anni ci furono tesi contrapposte tra coloro che affermavano il D’Annunzio suicida, altri invece sostenevano che il Poeta aveva una gran voglia di vivere ed aveva un “vitalismo” straordinario… era sportivo e sapeva trovare i suoi piaceri nella vita, asserendo pertanto che il Vate era morto a causa di una emorragia cerebrale (come da referto medico del dottor Alberto Cesari).

A questo punto apro un nuovo scenario su questa morte del Vate pescarese, soffermandomi su fatti realmente accaduti in quel tempo: 1) Appena dopo la morte del Poeta, fu avvisato il capo dello Stato Mussolini, il quale, immediatamente partì da Roma per concludere, il giorno dopo, nel tempo più rapido possibile, i funerali del Vate (senza far eseguire l’autopsia) ! – 2) E’ pur vero che esisteva un certificato di morte in cui si specificava che il decesso era avvenuto a causa di una emorragia cerebrale; 3)Che la segretezza dell’ eventuale suicidio poteva essere giustificata per…ragione politica! Si sapeva benissimo che il Duce controllava ogni mossa del Vate. Vero è che Mussolini temeva molto D’Annunzio.

C’è un episodio del 1937, nella stazione ferroviaria di Verona ,in cui il Duce che rientrava in Italia da un incontro con Hitler, incontrò il Poeta, il quale era ostile ad Hitler e contrario all’alleanza con la Germania ed, in quella occasione, redarguì il Duce con parole pesanti: “ Sei andato a Berlino a scavarti la fossa con le tue mani!” (parole profetiche). In seguito il Poeta compose una “Pasquinata” contro il Dittatore Nazista, mettendolo in ridicolo per i suoi modi grossolani, ascrivendolo alla “specie della Pennellessa” per mestiere d’imbianchino esercitato prima dell’ascesa politica … e lo chiama ancora “Attila della pennellesse” , o “Tiranno Alemanno” 4)Dopo queste esternazioni avvenne un fatto strano: al Vate gli fu proposto (quasi con intimidazione) di assumere una bella ragazza altoatesina, tale EMY HEUFLER circa ventenne alta e bionda con l’incarico di addetta alla persona del Poeta (spia tedesca?) -5) Certo è che in quella fatidica sera del 1° Marzo 1938 … (queste sono le parole della vecchia cameriera Aèlis Mazoyer) … “verso le otto preparammo la cena. Gabriele si trovava nella Zambracca seduto sul tavolo di lavoro.

Dalla porta semiaperta lo udimmo parlare a Emy, la cameriera, venne a dirci che il Comandante si sentiva stanco e che non ci avrebbe raggiunto. Qualche minuto più tardi la porta si aprì ed un inserviente si lanciò verso di me gridando “svelta, svelta il Comandante sta molto male” . Erano esattamente le otto e cinque. D’Annunzio era stato fulminato da una commozione cerebrale (dicitur) !!!!!!!- 6) Nel luogo preciso, dove il Poeta ebbe il lieve malore, fu trovato, ai piedi della sedia, un flacone di vetro frantumato su cui era scritto VELENO!! -7) La Heufler avrebbe somministrato al Vate il veleno invece della medicina. Si è saputo in seguito che la stessa, dopo la morte del Poeta, passò alle dipendenze del potente ministro Nazista Joachin von Ribbentrop !!!! Giustizia era stata fatta? Hitler soddisfatto!, Mussolini … anche! ……..!

7.8.22

Consigli

 

Spesso quando manifestiamo un problema troviamo il saggio di turno che ha la soluzione in tasca, la spiegazione a portata di mano. Come una sentenza della Corte di Cassazione il sapiente trova la toppa per ogni strappo dell'anima, mostra la sua maestria sartoriale per ricucinare le lacerazioni 5del cuore. "Si vive una volta sola": ciascuno governa la propria esistenza in modo unico, miscelando emozioni e sentimenti, gestendo delusioni e successi; "ci sono passato anche io": le relazioni non costituiscono strade da percorrere, ma stati d'animo da attraversare che sono sempre diversi perché il singolo istante è differente per ognuno di noi; "non ci devi pensare più": già il verbo pronunciato profuma di imposizione che non ha mai prodotto risultati durevoli; poi non è mica semplice scacciare un pensiero, soprattutto quando ha un nome e un cognome. Ormai mi sono fatto l'idea che per ogni problema esiste un consiglio non richiesto. E poi chissà dove li avrà portati la notte tutti i consigli che non ho ascoltato L'importante è non seguirli mai, ve lo consiglio!

25.4.22

Chieti

L'artista la rappresenta come una tartaruga con la città in groppa

Antichi abitatori del territorio chietino furono i Marrucini, una tribù derivata dal ceppo sabellico. La loro capitale era "Teate" unico centro importante del territorio. L’antica Chieti (Teate, appunto) fu costretta ad una onorevole pace con i Romani poco dopo il 304 a.C. Per la città ebbe così inizio un periodo di progressivo sviluppo contrassegnato dal sorgere di edifici religiosi e civili. Nell’epoca della guerra tra Goti e Bizantini Teate subì più di una invasione, mentre i Longobardi l'annessero al ducato di Benevento. Sotto gli Svevi prima e sotto gli Angioini e gli Aragonesi poi. Chieti conservò i privilegi ottenuti dai Normanni, soprattutto rispetto alla potente L’Aquila. Un importante avvenimento storico la vide protagonista nel 1524: il vescovo Gian Pietro Carafa vi istituì l’Ordine religioso dei Teatini, che avrebbe dato un importante contributo alla Chiesa della Controriforma. Due anni dopo la Cattedrale  veniva riconosciuta chiesa metropolitana, avente quali suffraganee quelle di Lanciano. Penne, Atri. Un duro colpo fu invece la decisione presa dal Regio Fisco nel 1646 di vendere la città al duca di Castel di Sangro per 170 mila ducati. I cittadini promossero una sollevazione di tale portata che nemmeno un anno dopo la vendita venne annullata. Da qualunque parte si arrivi a Chieti, è bene iniziare la passeggiata partendo dalla Villa Comunale, un giardino disegnato a metà Ottocento, con piante secolari e rare e monumenti pregevoli. Al centro si erge Villa Frigery, edificio neoclassico, oggi sede del Museo Nazionale

Enio Solino anno 2022

7.4.22

Bimbo manda lettera a «papà in cielo». La posta viene poi recapita

 

"Signor Postino, puoi consegnare questa lettera in Paradiso per il compleanno del mio papà? Grazie": così aveva scritto il piccolo Jase Hyndman, un bambino scozzese di 7 anni, sulla busta al posto dell'indirizzo. E, inattesa, gli è arrivata la ricevuta di ritorno. L'Ufficio delle Poste britanniche gli ha infatti confermato che la missiva era stata recapitata, nonostante "il viaggio difficile". E' accaduto a West Lothian, in Scozia, dove questo piccolo gesto compassionevole ha creato grande emozione. "Non ci sono parole per descrivere la commozione che ha provato quando ha saputo che il padre aveva ricevuto il suo biglietto", ha spiegato la madre, Teri Copland, rimasta vedova nel 2014. "Royal Mail, hai restaurato la mia fede nell'umanità", ha scritto la donna pubblicando su Facebook la lettera del funzionario delle poste Sean Milligan, poi condivisa 200.000 volte. "E' stata una dura sfida evitare le stelle ed altri oggetti galattici lungo la strada - vi si legge -, ma continuerò a fare del mio meglio per assicurare consegne in Paradiso senza intoppi".


19.2.22

San Valentino 2022: l’amore è più forte del Covid-19

 

La Festa di San Valentino è una ricorrenza dedicata agli innamorati, celebrata in gran parte del mondo. La festività era iniziata già nell’antica Roma. La Chiesa aveva definito «pagana» la festa ma, non riuscendo a impedire i festeggiamenti, se ne appropriò e ne fece una festa cristiana.Il patrono scelto fu San Valentino.
 
Il San Valentino, come festa degli innamorati, è rimasto duraturo e vitale nel tempo.Con ogni probabilità nelle grandi crisi passate dall’umanità la festa è passata sottotono. Però c’è sempre stata e si è consolidata nella tradizione popolare. I San Valentino del 2020 e 2021 sono stati decisamente sottotono a causa della pandemia. Ne è dimostrazione il calo delle nascite, che speriamo riprenda al più presto.

Ovviamente a impedire le nascite non sono state le restrizioni come l’obbligo di indossare la mascherina, il divieto di uscire la sera, o il dover stare ad almeno un metro di distanza. A fermare le nascite è stata l’incertezza creata dalla pandemia. Non si sapeva se fosse proprio il caso di fare figli in un momento così. Beh, siamo del parere che l’amore alla fine vince sempre e che tutto tornerà presto come prima.
 
Il nostro amico e artista Bruno Lucchi ha realizzato una scultura destinata a divenire il simbolo della fine della pandemia. Le vediamo nell’immagine di copertina e in quella a pié di pagina, che noi intitoliamo «Fine della Pandemia». Se la fine della peste di Roma del 590 è ben rappresentata dalla scultura dell’angelo che rimette la spada nella guaina, la fine di questo subdolo Covid-19 la vogliamo vedere così: la caduta delle barriere, il ritorno della libertà. L'eterna vittoria dell’amore.

13.4.21

Trinità, la statua della Madonna torna dopo 91 anni

 

 
 L’opera è stata realizzata dallo scultore Luciano Primavera Il parroco: segnale di speranza per superare la pandemia.  Dopo 91 anni la Madonnina torna sulla facciata della chiesa della Santissima Trinità. Ieri, nel giorno dell’annunciazione a Maria, la Madonna col Bambino è tornata nella nicchia che era rimasta vuota dal 1930, quando si decise di spostare la statua rovinata dalle intemperie per ristrutturarla. Quella che ieri ha ritrovato il suo posto nella nicchia non è però la statua lignea originaria, che viene conservata nel museo della chiesa. Si tratta, invece, di una copia realizzata in bronzo dallo scultore Luciano Primavera per volontà del parroco don Claudio Pellegrini. «Il caso ha voluto che la nuova statua fosse collocata proprio nel giorno dell’Annunciazione», dice il parroco, «e che venisse fusa esattamente un anno fa, sempre nel giorno dell’Annunciazione. E nessuna delle due date sono state scelte, sono frutto di coincidenze fortunate e simboliche». Don Claudio, da tre anni parroco alla Trinità, ha ricordato come la statua originaria fosse stata realizzata in epoca medievale per essere posta sulla porta della città. Poi, una volta realizzata la chiesa nel 1609, fu posta sulla sua facciata fino a quando, nel 1930, lo storico Francesco Verlengia non la fece rimuovere per farla restaurare. Il restauro è terminato nel 1982 e da allora è sempre stata custodita attentamente. «L’opera è di bottega umbro-abruzzese della seconda metà XIV secolo», dice don Claudio, «attribuita al maestro di Santa Caterina Gualino. Raffigura la Vergine seduta con il capo eretto in atteggiamento regale, mentre il Bambino pone nella sua mano quanto concesso ai devoti per la sua intercessione materna. La nuova statua è stata disegnata nel 2019 dall’artista teatino Luciano Primavera, fusa in bronzo a Verona grazie all’elargizione di una generosa parrocchiana. Nasce come reinterpretazione della Mater Populi Teatini conservata in cattedrale». La pandemia ha ritardato l’iter di realizzazione, ma ha fatto cambiare anche nome alla statua: quella originaria si chiamava Mater Populi Teatini, la nuova si chiama Salus Populi Teatini. Un nome che è quasi «un’invocazione di speranza», sottolinea don Claudio, «per il superamento e la ripresa dalla pandemia». Purtroppo la pandemia, oggi 19 febbraio 2022 non ci abbandona ancora. Solo dall'atra settimana si torna a girare senza mascherine all'aperto.
 

7.3.21

Si usa ancora troppo contante


Con l’attenuarsi della morsa emergenziale seguita allo scoppio della pandemia, si affievoliscono anche i richiami ai mutamenti che il virus avrebbe prodotto nella società e finanche nella natura delle persone. Non si sente più che saremo tutti più buoni. E l’attenzione si è ahimè spostata sul pesante lascito socio-economico del Covid-19. Tra i cambiamenti che inizialmente sembravano inarrestabili vi era il rapido passaggio ai pagamenti elettronici. Spinti dall’aumento del commercio online durante la chiusura dei negozi, e ancor più dal fatto che monete e banconote sono tra i luoghi preferiti da virus, batteri e altri microrganismi, era facile ipotizzare una forte crescita dell’uso di bancomat, carte di credito, bonifici bancari e altre forme di pagamento senza contante. Poi pian piano il tema è sparito. E come ci stiamo rassegnando a non diventare più buoni, pare che continueremo a scambiare denaro contante come se nulla fosse avvenuto. Eppure le ragioni per incentivare l’uso dei pagamenti elettronici sono molteplici, anche a prescindere dal virus. In pochi sanno che la gestione del contante (produzione, trasporto, distribuzione, custodia, eliminazione) ha costi per nulla irrilevanti. Ma al di là di questo, il denaro elettronico è lo strumento forse più efficace per combattere l’evasione fiscale, garantendo la tracciabilità dei pagamenti. In Italia tutte le stime, comprese quelle del Ministero dell’Economia e delle Finanze, calcolano un’evasione fiscale superiore ai cento miliardi all’anno. Almeno tre manovre economiche, e molto più di quanto è stato e mai sarà stanziato per l’emergenza coronavirus.


23.8.20

La sfida autunnale

 

Un occhio alla curva dei contagi che, giorno dopo giorno, è tornata a salire. E un altro alla curva del Pil, che continua a scendere. Fra aprile e giugno è crollato del 12,3% rispetto ai tre mesi precedenti. E del 17% se il confronto si fa con lo stesso periodo del 2019. Ora i riflettori sono concentrati sui dati di settembre. Il ministro dell’Economia si aspetta un «rimbalzo» prodigioso. E quasi scontato dal momento che da maggio l’Azienda Italia si è rimessa in moto dopo i due mesi di lockdown. Ma la grande paura è tutt’altro che passata. Il Covid è più attivo che mai. E un dato è certo: il Paese non reggerebbe alla forza d’urto di un nuovo lockdown. Per questo il governo sa che, in autunno, si giocherà la sua partita più difficile. E, sul tavolo, non ci sarà solo una eventuale emergenza sanitaria, che nessuno si augura. Ma, anche, la grande emergenza dell’economia, ormai sotto gli occhi (e, nel portafoglio) di tutti gli italiani. Finora il governo ha giustamente pensato ad affrontare i problemi attraverso sussidi e bonus. Niente da dire, per carità. Ma ora è diverso. In autunno verranno al pettine tutti i nodi di un Paese che ha bisogno più che mai di progetti e interventi tangibili. Non basta fare l’elenco dei 130 cantieri sbloccati. Bisogna farli realmente partire. Così come non sono più compatibili i tempi biblici per l’attuazione dei decreti o delle misure anti-crisi. Così, infine, come non possono essere ammessi ritardi nell’utilizzo dell’ingente dote di risorse che l’Italia è riuscita ad ottenere a Bruxelles. L’autunno sarà rovente. 


23.7.20

E' nato un leader ?


Nelle trattative con l’Europa il nostro presidente del Consiglio ha ottenuto più di quello che ci si aspettava. Molto di più. È una vittoria della nostra politica della trattativa ad oltranza, ma è anche una vittoria personale, partito come piccolo leader di un Paese dal debito pubblico enorme, quindi ricattabile, e assurto a leader di un’area, quella mediterranea, che con la pandemia ha pagato il prezzo più elevato in termini di contagi e ripercussioni economiche e che chiedeva all’Europa quella mano che in passato troppo spesso gli era stata negata. Ma è anche la vittoria di un leader in apparenza «grigio», un po’ come il presidente Mattarella, che è stato invece capace al momento giusto di battere i pugni sul tavolo e di giocare le sue carte nei confronti dei Paesi ostili del Nord Europa, e del più ostile di tutti, l’Olanda. 




9.7.20

Occhio a quelli che vengono oggi dall'estero

Come dissero alla Nasa per far rientrare l'Apollo 13 dallo spazio, giusto cinquant'anni fa: «Il fallimento non è contemplato». Quella famosa frase esprimeva un rigore che oggi vale anche per la pandemia imperversante sulla Terra: sbagliare non si può. Ma c'è un errore che proprio non possiamo permetterci: tornare da dove eravamo partiti, chiusi in casa in attesa del drammatico bollettino della serata con morti e contagiati che salivano di giorno in giorno. Con ospedali pieni e città vuote senza sapere fino a quando. Guai se il confinamento al quale tutti i cittadini si sono sottoposti con disciplina e dignità dovesse, domani, riproporsi per incuria, incoscienza o irresponsabilità. Del contagio oggi sappiamo molto di più del quasi nulla d'inizio epidemia: vietato sgarrare. E allora, se dopo tanti e tali sacrifici gli italiani sono ancora costretti alle misure di precauzione sociale e individuale per non rivivere la tragedia, se al danno sanitario si è sommato quello economico di una ripresa difficilissima per tutti, non è possibile essere inflessibili con noi stessi e superficiali con chi arriva dall'estero (o con chi dall'Italia va all'estero e poi rientra ignorando le raccomandazioni sanitarie). Emblematica è l'ultima vicenda dei voli sospesi da Dacca (Bangladesh) «a seguito del numero significativo di casi positivi al Covid-19», secondo la spiegazione del ministro per la Salute, Roberto Speranza. Passeggeri bengalesi, che già erano arrivati provenienti dal Qatar, sono stati rimandati indietro, mentre cittadini di altre nazionalità sono stati sottoposti prima a tampone e poi a quarantena. Ma tali controlli più severi di prima sono scattati sull'onda del focolaio a Roma da parte di persone del Bangladesh.

@enio

2.3.20

CoronaVirus


Ogni tanto nelle nostre vite accade qualcosa d’improvviso che rimette tutto in discussione. Questo Coronavirus ha dato un’energica mescolata alle carte della nostra esistenza. Già prima avevamo problemi a socializzare, mo’ è arrivato il carico. Le piazze dei carnevali sono deserte, e se trovi qualcuno ti viene voglia si andare a salutarlo per sapere se sta bene, come nella fiction dei sopravvissuti. Famiglie a dieta da sempre che svuotano gli scaffali dei supermercati, non si capisce se hanno il Coronavirus o il Verme solitario.

@enio

8.2.20

Sui binari non può correre la paura



Fa impressione: quel gigante di ferro accartocciato e ferito sulle rotaie, nella campagna lodigiana, con il suo carico di morte e di paura, pesa sulla nostra coscienza emotiva prima ancora che su quella razionale. Toccherà ai giudici fare luce sul deragliamento del Frecciarossa. Quello che conta, però, sono le immagini, la quotidianità violata di un viaggio che ognuno di noi avrebbe potuto fare. È vero che questo è il primo incidente in 15 anni di Alta Velocità. Ma è anche vero che il dato potrebbe essere letto all’incontrario. Cioè, se è capitato proprio ora, vuole dire che, dopo tre lustri, c’è forse bisogno di una nuova iniezione di sicurezza nel sistema. Del resto, siamo un Paese che continua a fare i conti con la sua lunga storia di ordinaria emergenza sul fronte delle infrastrutture. Dove può crollare un ponte nel centro di Genova. O dove, passando sotto un viadotto, veniamo ogni volta colpiti da un piccolo brivido di paura.Qualcuno dirà che il treno è ancora il mezzo più sicuro, nulla a che vedere con la strage che ogni anno si consuma sulle strade. Ma, proprio perché viene considerato a prova di incidenti, non possiamo permetterci che sui binari, insieme ai vagoni, corrano anche le nostre paure. Bene ha fatto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a far sentire la sua voce di cordoglio per le vittime ma anche di monito per chi deve gestire un’infrastruttura strategica come quella delle ferrovie. Un impegno che non può essere racchiuso in un semplice esercizio di contabilità. Nel saldo ragionieristico fra i profitti e le perdite della società ci deve essere anche lo spazio per una rendicontazione dei benefici e dei diritti sociali che le Ferrovie devono assicurare alla collettività. Se non altro perché, in cambio, ricevono una rilevante dote finanziaria da parte dei contribuenti. Un contesto, insomma, dove non si può non investire in sicurezza e manutenzione, voci sulle quali è davvero sbagliato tagliare. 


@nonnoenio

17.9.19

Quant'è il premio per l’euro convergenza


Quanto potrà essere grande il premio per l’euro convergenza, ma in senso filo francese, del nuovo governo? Negli ultimi giorni sono arrivati messaggi molto chiari. Summit dell’Eurogruppo: il deficit non potrà superare il2%, se oltre scatterà la procedura di infrazione. Ursula von der Leyen: non è in agenda alcuna revisione dei trattati europei come richiesto da Italia e Francia, aggiungendo che la flessibilità di questi è più che sufficiente. Inoltre, la presidentessa della Commissione europea ha fatto capire che non è nemmeno in agenda la proposta di una Difesa europea spinta dalla Francia perché tale funzione resterà entro il quadro Nato, pur la Commissione stessa varando programmi di rafforzamento dell’industria militare europea. Questo è un segnale chiaro e piuttosto brutale a Roma e Parigi che la sua conduzione della Commissione impedirà sviluppi post-Nato dell’Ue e una spaccatura tra nazioni nordiche rigoriste e meridionali lassiste sui temi di ordine economico, comprimendo le seconde. Prova ne è che la delega a Gentiloni in materia di affari economici europei, pur non «commissariata», è condizionata dal consenso del rigorista vicepresidente Dombrovskis. In sintesi, la Germania ha avvertito Italia e Francia che la loro alleanza pro-debito troverà muro e non otterrà le modifiche volute agli statuti europei. Così come ha segnalato che le richieste di aumentare la spesa pubblica in deficit per stimolare l’economia europea troveranno un limite, probabilmente non oltre 50 miliardi: basteranno per contrastare la recessione nella nazione, ma non certo per stimolare il resto. Niente premio, dunque? Il programma Bce di acquisto dei debiti ridurrà il costo di quello italiano dando qualche miliardo al bilancio statale, pochino. Inoltre, tale decisione sarebbe stata presa comunque con qualsiasi governo italiano. L’euro convergenza è stata premiata dal mercato perché ha confermato la protezione europea dell’Italia rendendola un luogo un po’ più sicuro per il capitale, ma il suo indirizzo filo francese mantiene i dubbi sul riordino italiano e non porterà premi stimolativi sufficienti. 

3.8.19

I nostri figli, questi sconosciuti

È americano, ha il figlio in vacanza in Italia insieme con un amico, figlio e amico sono in prigione per un omicidio feroce, undici coltellate a un carabiniere, un delitto che in America comporta la condanna a morte, arriva qua e le prime parole che rilascia nelle interviste sono: «Speriamo che mio figlio non l'abbiano bendato». Ma non dovresti sperare, prima di tutto, che tuo figlio non sia un assassino? Che sia innocente? Questa per lui non è una speranza, è una certezza: «Sono assolutamente certo dell’innocenza di mio figlio». Eppure anche suo figlio è in carcere, anche lui è sospettato di aver partecipato all’omicidio. Ma il padre non ci crede. Il padre è come tutti i padri, come tutti noi: tutti noi crediamo che i nostri figli siano, fuori di casa, esattamente come sono in casa. Invece i figli cambiano. Svincolati dal controllo paterno-materno, si scatenano. Sono irriconoscibili. I nostri figli sono quel che sono quando sono fuori del nostro controllo. Quindi, per esempio, quando sono in vacanza. Specialmente se è una vacanza all’estero. Se fan uso di qualche droga - e la famiglia è l’ultima a saperlo - procurarsela all’estero, in una città che non conoscono e in una lingua che non conoscono, gli dà l’idea, eccitante e barbarica, di tuffarsi in una giungla. Stiamo tutti cercando di capire perché uno di questi ragazzi americani si fosse portato da casa un coltello da marine, lungo 17,7 centimetri. Io non trovo altra spiegazione se non quella che entrare in una piazza della droga è come entrare in un covo di animali, devi difenderti. Credo che anche questi padri americani dovrebbero porsi la domanda: «Perché nostro figlio fa un volo transcontinentale portandosi dietro un'arma bianca da assalto?». Anche noi italiani, se arrestano nostro figlio in America con una baionetta in tasca, corriamo là, ma la domanda che ci tormenterebbe dovrebbe essere questa: «Comprava droga? Era armato? Chi è?». Chi sono i nostri figli? È la domanda più difficile che possa capitarci. Viviamo con loro, ma questo non vuol dire che li conosciamo.