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7.6.15

Chieti - Carcere e mille frustate


Carcere e mille frustate per il blogger che insultò l'Islam A nulla sono valse le proteste in tutto il mondo. La Corte suprema dell'Arabia Saudita ha confermato la sentenza di mille frustate e 10 anni di prigione per il blogger Raif Badawi condannato per aver "offeso l'Islam. Inorridita Ensaf Haidar, moglie di Raif - scrive la Bbc online - che ha riferito che la decisione dell'alta Corte è irrevocabile, mentre alcune fonti all'Ap hanno aggiunto che a questo punto solo un perdono reale potrebbe salvarlo. Ideatore del sito 'Free Saudi Liberals', nato per dibattere sul ruolo della religione nel regno saudita, Badawi venne arrestato nel giugno del 2012. L'accusa rivoltagli inizialmente era di aver insultato l'islam via web. Poi il 17 dicembre dello stesso anno un giudice lo deferì ad una Corte di grado superiore raccomandandosi di giudicarlo per apostasia, reato che nel regno wahabita comporta automaticamente l'applicazione della pena capitale, così come la blasfemia. Poco meno di un anno dopo venne condannato a 7 anni e 600 frustate e successivamente le pena venne aumentata a 10 anni di reclusione e a 1.000 colpi di frusta oltre ad una multa di un milione di Rial sauditi (circa 267.000 dollari).

@enio

9.5.13

Chieti - La festa del Majo

Mercoledì 1 maggio a Chieti, l’associazione Camminando Insieme,ha riproposto per il sesto anno consecutivo la festa del Majo. Questa festa fa parte del progetto "Recuperiamo le Tradizioni", in collaborazione con il C.A.T.A. (Centro Antropologico Territoriale Abruzzese) dell'Università D'Annunzio di Chieti, con la partecipazione delle Associazioni: "Lu Ramajette" di Chieti e "I Colori del Territorio" di Spoltore. L’I.I.S. (Istituto di Istruzione Superiore Umberto Pomilio di Chieti Scalo), nel rispetto di un protocollo di intesa con l’Associazione Camminando Insieme, certificato l’11 gennaio 2013, che prevede la Realizzazione , lo Sviluppo e la Comunicazione dei  Progetti legati alla TRADIZIONE ABRUZZESE , come “Il Carnevale”, “Coloriamo le Lane con la Natura ”, “Il Majo” e successivi, che possano coinvolgere le nuove generazioni, ha partecipato alla manifestazione......
 
La rievocazione della Festa del Majo, festa di origini arcaiche e pagane, vuole promuovere la continuità tra la comunità umana e il suo passato e riscoprire il legame che lega l’uomo alla natura evidenziato da questi riti di rigenerazione attraverso il ritorno ciclico di: vita – morte – rinascita. Questo simbolismo culturale è sempre attuale, perché rappresenta le radici stesse della nostra civiltà. Infatti, la scelta del colore,verde, i vari tipi di fiori ad iniziare dal maggiociondolo, si associano alla natura.....

Questo rito alla fine dell’inverno, era per allontanare l’influsso malefico e salutare l’arrivo di una stagione nuova, caratterizzata da raccolti, lavoro, sole e vita. Pertanto, le donne, trovandosi costrette ad utilizzare mucchietti di legumi diversificati e odori essiccati, pensarono bene di consumarli tutti in una volta; ma, educate al gusto ed al culto della buona tavola, li combinarono con le primizie fresche della primavera, unendo il tutto con brodo cucinato con l’osso di maiale.....

Il cibo tradizionale del Majo è lu "lessame", una sorta di minestra con 9 ingredienti di legumi, 9 di verdure, 9 di erbe aromatiche. I legumi erano recuperati dai fondi della dispensa, alla fine dell’inverno. Lu “Lessame” coniugava l’esigenza del gusto con il risparmio a cui tutti un tempo tendevano, vista la carenza di risorse...

Il cerimoniale si è concluso con il rogo del fantoccio del Majo, atto rituale finalizzato alla fertilizzazione della terra con le sue ceneri.


Scritto da: Luciano Pellegrini
Le foto della cerimonia al link: FOTO

2.4.12

Chieti - La Domenica delle Palme

cliccando sull'immagine si ottiene la stessa ingrandita

La Domenica delle Palme che si è festeggiata ieri, ha segnato l’inizio della Settimana Santa che si concluderà con la Pasqua: in questo giorno, secondo il racconto dei Vangeli, si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto festosamente dalla folla con rami di palma nelle mani. Fedele alla tradizione, Don Amadio, anche quest'anno ha organizzato con i suoi fedeli la benedizione delle palme d'ulivo e la processione dalla Piana Vincolato alla chiesetta della Madonna degli Angeli. I fedeli hanno percorso questo chilometro con le palme benedette in mano, pregando e cantando lungo tutto il percorso. Un tempo, il ramo d'olivo, simbolo principe della domenica delle Palme era conservato in casa e bruciatio all'approssimarsi dei temporali estivi. Li si ritenevano, infatti, potenti talismani contro fulmini e saette. Rami d'olivo benedetti erano spesso dati alle fiamme anche per tenere lontana dai campi la grandine. In taluni paesi si collocavano, incrociati, fuori la porta di casa. Contro la grandine, inoltre, erano anche suonate le campane. Su molti bronzi, all'epoca della fusione, fu incisa l'invocazione «a fulgore et tempestate, Libera nos Domine» (dalla saetta e dalla tempesta, liberaci Signore); e pure: «a peste, fame et bello, libera nos Domine» (dalla peste, dalla fame e dalla guerra, liberaci Signore). I rami di olivo della domenica delle Palme si davano da mangiare agli animali della stalla, prima della loro uscita estiva. Vi si aggiungeva un pizzico di sale, benedetto nel giorno di S. Antonio (17 gennaio), per invocare la protezione contro i fulmini e le malattie del bestiame, la zopina soprattutto. Dal pomeriggio della domenica delle Palme al mercoledì successivo, nelle chiese si celebravano le «Quarant'ore». Ogni ora, era scandita dal rituale, («Diremo cinque volte il Paternoster e cinque l'Avemaria, considerando…») toccava a un gruppo di devoti: alle vedove, alle nubili, agli artigiani, o ai rappresentanti le varie frazioni del comune. Tale pratica, avviata a Milano (1527), consisteva nell'adorazione del SS. Sacramento per quaranta ore consecutive, a memoria del periodo trascorso da Cristo nel sepolcro.

enio

23.11.11

Per San Martino, ogni mosto diventa vino


Venerdì 11 novembre presso la ex scuola elementare di contrada SS. Salvatore a Chieti,
Lu Ramajette che fa parte del Laboratorio Tradizioni d’Abruzzo, ha festeggiato l’inizio del nuovo ciclo annuale delle attività.
Lu Ramajette è un’associazione che ricerca ,pratica e ripropone le tradizioni popolari dell’Abruzzo.
Il significato del nome rappresenta uno speciale mazzolino di fiori di campo raccolti nel mese di Giugno che viene regalato ad una persona alla quale si vuole particolarmente bene, per proporle di divenire compare oppure comare.
Se la persona gradisce questo legame si diventa compari di fiori, chiamato anche compari di S. Giovanni.
Lu Ramajette si regala la sera della vigilia della celebrazione della nascita di Giovanni Battista il 24 Giugno e poi nel giorno di S.Pietro e Paolo, il 29 Giugno.
Non a caso la scelta dell'inizio delle attività è caduta su questo giorno, 11 Novembre festa di San Martino di Tours, sia per ricordarlo e sia per i cibi di questo periodo,ad iniziare dal vino, alle castagne, ai balli, tutto secondo la tradizione.

Alle ore venti, accompagnati dall'atmosfera di una pioggerellina autunnale, una cinquantina di amici ci siamo ritrovati in questa ex scuola per dar inizio alla “ festa dell'abbondanza”,tutto rigidamente riscoperto e tramandato.
Abbiamo iniziato ad assaporare e gustare le cibarie offerte.
Cominciamo con, lu pane onto, lu formagge pecurine fresche e la frittate con scarole e candite.
Poi, le checocce nghe' le patane e bastardune e la pizza di grania.
A seguire le mattarielle e fasciule con le arevoteche.
Per mandare giù queste prelibatezze ci bagnavamo il palato e la gola con un ottimo vino novello.
Il vino novello, spiega l'enologo Lino Carparelli, si produce nel rispetto di antiche tradizioni vitivinicole secondo un processo di vinificazione il cui risultato è un'armonia di profumi e di sapori. Prima della spremitura, grappoli scelti sono sistemati con accuratezza, per evitare la rottura dei chicchi, in contenitori chiusi e carichi d'anidride carbonica. I chicchi subiscono così una particolare fermentazione che porta alla diminuzione dell'acido malico. Successivamente, si procede alla spremitura. Il risultato è un vino morbido, profumato, fruttato e di colore rosso brillante, che va bene con carni rosse, bianche, formaggi e persino con il pesce.
Nella festa non possono mancare i dolci!
La cicerchiate, li cazzune, la crostata con la marmellata d'uva (scrucchiata).
Prima dell'inizio delle danze e della faticosa quadriglia, meglio “cacciar dentro” qualche altra caloria, le cice mbrunite e le fave lesse. Peccato, si fa per dire, che per mandarli giù ci vuole parecchio vino.
Iniziamo a cantare accompagnati dai du botte, tamburelli e lu vurre vurre.
L'ambiente è caldo ed iniziano il balli, la quadriglia.
Stanchi, occorre un po' di riposo e l'amico Francesco Stoppa, con diapositive ed una attenta relazione, ci illustra la storia di San Martino.
Ricominciano le danze, però le ore trascorrono velocemente e qualcuno abbandona..., ma prima di tornare a casa c'è un'altra dolcezza, le caldarroste, sistemate dentro lu cuoppe.
Per la verità la castagna non fa parte della tradizione in quanto è un alimento importato. Nelle campagne non si trovano gli alberi di castagno per cui le castagne venivano sostituite dalle fave e ceci.
Inutile ricordare che occorre altro vino.
Bella serata in un ambiente ospitale – vivace – festoso – affettuoso – caloroso - saporoso stuzzicante - familiare.
Penso di fare cosa gradita spiegando il dialetto dei cibi, in italiano:
Checocce nghe' le patane e bastardune. E'la zucca con le patate ed i peperoni seccati appesi.
La pizza di grania. La pizza fatta con la farina di mais, ( marrocche).
Le mattarielle e fasciule con la arevoteche. La Mattariella è una salsiccia fatta con lo stomaco del maiale.
Posso confermare che era la prima volta che le mangiavo e sono di una bontà indescrivibile.
L'arevoteche è la pizzella di pane lievitato e fritto.
La cicerchiate è un dolce conosciuto e molto calorico con l'aggiunta di miele per legare i chicchi d'oro.
Li cazzune è un dolce fatto con le patate a forma cilindrica, fritta e guarnito con lo zucchero.
La scrucchiata è la marmellata di uva nera, il montepulciano d’Abruzzo, senza aggiunta di zucchero.
Le cice mbrunite sono i classici ceci abbrustoliti.
Lu cuoppe è la carta gialla che serviva per impacchettare gli affettati e gli alimenti sciolti acquistati nei negozi di alimentari. Molto raffinato è stato realizzare questi coni e metterci dentro le castagne.
La cornucopia è il simbolo della fertilità e abbondanza riempito di frutti e fiori.
Il significato letterale viene dal latino cornu (corno) e copia (abbondanza).
E' un cesto a forma di corno riboccante di frutta e fiori.
E' stato realizzato dall'associazione e sistemato all'ingresso della scuola come indice augurale.

Non posso dimenticare di parlare di San Martino. Fonte: Web
Martino in latino Martinus = piccolo Marte,in onore di Marte, il dio della guerra.
San Martino di Tours fu uno dei santi più popolari dell'Europa occidentale, tanto che molte chiese e parecchi comuni presero il suo nome. E' considerato il patrono dei soldati e la sua festa si celebra l'11 novembre.
La tomba del santo si trova nella cripta della basilica di San Martino, a Tours, comune della Francia, punto di partenza per la visita dei famosi Castelli della Loira.
Varie tradizioni si legano a questo santo.
Una meteorologica: la cosiddetta estate di S. Martino, cioè quei giorni prossimi alla festa in cui la temperatura è più alta di quella autunnale a causa di «histrane movenzje hastrali».
E' famosa la leggenda dell'estate di San Martino che dal punto di vista meteorologico corrisponde ad un periodo particolarmente mite.
Narra la leggenda che quel santo incontrando un viandante infreddolito aveva tagliato il suo mantello in due per dividerlo con l'amico, e poi venne ricompensato da Dio con una bella giornata di sole.
Una agiografica: A Sand Martine, le corna ’nzine, detto che ricorda come questo santo sia il protettore dei mariti infelici, e ciò – secondo la leggenda – a causa d’una sua sorella a cui piacevano non poco i giovanotti e che Martino, per controllare a vista, voleva sempre con sé anche durante le predicazioni, tanto da trasportarla sulle spalle se lei si stancava di camminare. Ma una volta la sorella chiese al santo che aveva urgenza di appartarsi dietro ad una siepe per “sbrigare un bisognino”. Dietro la siepe c’era un bel giovane a cui la donna aveva dato appuntamento. E consumarono l’incontro. Dopo qualche tempo, Martino, con la sorella sulle spalle, cominciò a sentire un peso sempre più gravoso perché quella ingrassava. Infine s’accorse che stava per diventare zio. Per questo motivo il santo simboleggia chi è costretto a sopportare i tradimenti.
La festa di questo santo l’undici novembre è associata a una particolarissima festa detta “Processione dei cornuti” che è un vero e proprio residuo del Baccanale e delle feste della fertilità:
auguri a tutti coloro che sono cornuti
a tutti coloro che lo sono e non sanno di esserlo
a tutti coloro che lo sono stati
a tutti coloro che lo sono stati senza saperlo
in pratica....AUGURI A NOI TUTTI!!!
Secondo un’altra ipotesi, anticamente si celebravano, proprio a novembre, 12 giorni di sfrenata festa pagana, di tipo carnevalesco, durante i quali avvenivano spesso gli adulteri.
I mariti traditi venivano fatti oggetto di scherno e di una vera caccia, sia pur simulata, nella quale essi dovevano interpretare il ruolo del cervo, animale dalle ricche e ramificate corna.
Le corna adornano sia la fronte degli dei (es. Giove; Ammone rappresentato con la testa di Giove e le corna di ariete; Efesto, ridicolmente zoppo e cornuto), che degli eroi,ad es. Mose’ - talvolta anche dei santi cristiani (San Ronan, a Carnac, in Francia).
Le corna simboleggiano potenza, luce (nella tradizione giudeo-cristiana), aggressivita’- mentre il “corno dell’abbondanza” nella tradizione greco-romana e’ simbolo di fecondita’ e felicita’.

Molti guerrieri in varie contrade indossavano elmi con le corna.

Da tanta importanza nella tradizione popolare, le corna successivamente sono decadute a indicare la vittima del tradimento erotico.
A rigore di termini il “cornuto” dovrebbe essere l’altro, chi tradisce..., (essendo le corna simbolo tra l’altro di potenza virile).

La tradizione enologica: San Martino ogni mosto diventa vino, proverbio che spiega come in questo periodo, dopo la raccolta e la spremitura delle uve, nasca il novello nettare di Bacco.

Esiste anche un San Martino che si venera in Abruzzo. Era un eremita
Nella tradizione abruzzese San Martino è il protettore del vino e si narra una leggenda sulla sua vita per spiegare questa attribuzione. La figura del santo non ha niente a che vedere con il Santo venerato dalla chiesa, ma è una figura che ricalca in modo impressionante quella di Bacco. Nella mitologia classica dal corpo di Bacco ucciso spunta la vite e questo è anche il punto centrale della figura di San Martino nella leggenda.
Concludo questa “recensione -racconto” con la tradizionale poesia di Giosuè Carducci
San Martino”

La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

Giosuè Carducci

Questa poesia rievoca in molti di noi le “sagre festose”, il folklore, la tradizione realizzati con il vino novello, le caldarroste, il pane con l'olio nuovo e riaccendendo bei ricordi.

Luciano Pellegrini
N.B. Le foto si vedono su questo link: