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23.7.20

E' nato un leader ?


Nelle trattative con l’Europa il nostro presidente del Consiglio ha ottenuto più di quello che ci si aspettava. Molto di più. È una vittoria della nostra politica della trattativa ad oltranza, ma è anche una vittoria personale, partito come piccolo leader di un Paese dal debito pubblico enorme, quindi ricattabile, e assurto a leader di un’area, quella mediterranea, che con la pandemia ha pagato il prezzo più elevato in termini di contagi e ripercussioni economiche e che chiedeva all’Europa quella mano che in passato troppo spesso gli era stata negata. Ma è anche la vittoria di un leader in apparenza «grigio», un po’ come il presidente Mattarella, che è stato invece capace al momento giusto di battere i pugni sul tavolo e di giocare le sue carte nei confronti dei Paesi ostili del Nord Europa, e del più ostile di tutti, l’Olanda. 




27.7.19


Oggi io vedo la politica e la gestione del potere molto più debole rispetto al passato. Lì vi era la forza delle idee e tale forza generava stimolo al dibattito, al convincimento. Oggi prioritario è il mantenimento del potere e perciò l’idea, ogni idea, è in sè pericolosa, dato che non a tutti piace. E quindi non esistono più le idee buone o cattive, ma le persone buone (funzionali al mantenimento dello status quo) e le persone cattive (che possono metterlo in discussione). Se la persona “cattiva” ha un’idea buona, questa diventa automaticamente cattiva.I giovani sanno che non possono e non potranno trovare spazio. La competenza e la cultura non sono considerate una qualità, ma per certi versi un problema, perché mettono in discussione, cercano nuovi percorsi, rompono gli schemi… In questo percorso, la coesione sociale che ha caratterizzato la nostra società, si è così via via trasformata in una sorta di collusione sociale. Il potere richiede consenso, ma la degenerazione del potere, e soprattutto la sua attuale debolezza assoluta, richiede collusione. E questo è molto pericoloso per la società, sia nel presente, sia in prospettiva futura.La collusione sociale crea dipendenza, crea assuefazione, fa ritenere normali comportamenti che non lo sono affatto. Genera il voto di scambio (talvolta inconsapevole) e soprattutto è basata sul pensiero breve, corto, senza alcuna prospettiva. Si gestisce giorno per giorno. Ma alla fine si rischia di ritrovarsi soli in mezzo al mare, senza alcuna prospettiva, con la barca che fa acqua e soprattutto senza avere a bordo quei giovani bravi che potrebbero rappresentare il futuro, ma che hanno capito in tempo che per loro l’Italia è un paese dove trascorrere solamente le vacanze.

@enio

5.6.19

Sblocca cantieri


Nessuno può dire se, dopo le cannonate dei giorni scorsi, il lieve ramoscello di ulivo che si sono scambiati ieri i due vicepremier, Luigi di Maio e Matteo Salvini, sia una tregua apparente o una pace duratura. Ma, al di là delle alchimie politiche, l’accordo in extremis raggiunto sul cosiddetto «sblocca-cantieri» potrebbe segnalare, nell’immediato, un cambio di passo obbligato dell’esecutivo. Almeno sulle questioni che toccano da vicino gli interessi del Paese reale. Questioni che non possono più essere sacrificate in nome e per conto degli interessi dei partiti. Il caso delle grandi opere pubbliche è emblematico. In Italia ci sono almeno 49 maxi-cantieri bloccati dalla burocrazia e da una valanga di norme che sembrano fatte apposta per rallentare qualsiasi progetto. Un insieme di appalti che, da soli, valgono 172 miliardi di euro e qualcosa come 760mila nuovi posti di lavoro. Numeri da «miracolo economico» per un Paese che da anni ha un Pil con la sindrome dello zero-virgola e che, durante gli anni della grande crisi, ha perso oltre il 20% della sua capacità produttiva. Un dato per tutti: fra il 2008 e il 2018 il fatturato delle opere pubbliche si è più che dimezzato, lasciando sul terreno circa 16 miliardi di euro. Un trend che ha messo in ginocchio le principali aziende del settore. Certo, lo sblocca-cantieri non sarà la panacea di tutti i mali. Ci sono punti ancora controversi, altri da discutere e altri ancora da rivedere.

31.5.19

Sull'Italia incombe la "Tempesta Perfetta"

Gentili amici, che mi leggete, vi comunico che il rischio speculazioni incombe sull'Italia perchè in autunno noi avremo nuovamente gli ingredienti per una "tempesta perfetta". Non c'è stato ancora il previsto boom economico e, nostro malgrado, stiamo registrando una crescita prossima allo zero. Lo ricordate Salvini che inveiva contro i burocrati di Bruxelles perché secondo lui non imbroccavano mai i nostri dati di crescita e Di Maio, che sul balcone festeggiava raggiante il deficit italiano, scommettendo sulla nostra ripresa economica dovuta, secondo lui, al Reddito di Garanzia. Per mesi i “pupi” hanno sbandierato un aumento del PIL del 2,4%, per poi rifare i conti e attestarsi su un più realistico 0,2%, il più basso d'Europa. E' vero che l'Italia è sempre stata il fanalino di coda in Europa, ma occorre sottolineare che mentre nel 2017 il differenziale tra Italia ed eurozona era dello 0,7% quest'anno il differenziale sarà dell'1.2%. Mentre gli investimenti nel 2017 aumentavano del 4,3% oggi sono meno dello 0,3%. Rispetto al 2017 abbiamo perso 350 mila posti di lavoro di cui 100 mila a tempo indeterminato. Si tratta prevalentemente di una crisi di fiducia perchè questo governo non convince nessuno sul piano economico. L'OCSE ha dichiarato questa settimana, che la ripresa sarà, purtroppo, uguale a ZERO e che gli investimenti sono attualmente sotto ZERO e che la produzione industriale sta tornando in territorio negativo. Il debito pubblico sta paurosamente aumentando in quanto le politiche economiche del governo giallo-verde ( quota cento e reddito di garanzia in primis ) sono state finanziate con denaro a deficit (oppure prelevato da altri pensionati). Tutti oggi hanno capito che questi interventi non stimoleranno ne crescita e ne lavoro. Se a questo aggiungiamo che Salvini in queste settimane attacca nuovamente l'Europa preannunciando lo sforamento del deficit con parole tipo "io posso indebitarmi quanto voglio e me ne frego delle regole" (aggiungo io, tanto poi pagheranno gli italiani) , possiamo stare certi che i grandi investitori internazionali si rivolgeranno ad altri mercati e che gli speculatori aspetteranno il momento giusto per scommettere negativamente sul'Italia e spezzarci le reni. Non basterà la nuova immagine di Di Maio che ogni giorno dà dell'irresponsabile a Savini a salvarci. Sono entrambi responsabili delle politiche economiche di questo governo e il mercato finanziario italiano entrerà a breve in una fase di grande volatilità. Le cose peggiori le vedremo in autunno con la manovra finanziaria, quando si dovrà decidere se aumentare l'IVA oppure fare nuovo deficit. Da noi, in Trentino, le cose non vanno meglio; anzi in salsa trentina il governo non può definirsi competente. Le decisioni importanti passano da Fugatti, attuale leader e lo stesso deve confrontarsi con Salvini. Un tappo istituzionale che rallenta e distorce tutte le decisioni. A fronte di alcune scelte indovinate come quella di decentrare gli incontri di Giunta sui territori si ha l'idea che non ci sia una regia economico-politica del bilancio provinciale: a distanza di 24 ore si annunciano notizie tra loro contrastanti; 30 milioni in più alle famiglie che fanno figli e 120 milioni in meno (in 4 anni) alla sanità pubblica, che si rivolge prevalentemente alle famiglie, ma sopratutto dopo aver prospettato nei mesi scorsi migliorie e investimenti nei reparti nascite degli ospedali decentrati. Come a livello nazionale anche in Trentino il governo è in perenne campagna elettorale e non fa i conti con la realtà. E quando prende decisioni economiche non tiene conto delle condizioni dei soggetti beneficitari; vedi i biglietti gratuiti sugli autobus ai pensionati, vedi le rette nei nidi, vedi il sostegno ad ogni figlio fino a tre anni, vedi le case gratuite a chi ritorna nei paesi di montagna...

@enio

25.5.19

L'onda populista

Non risparmia nessuno l’esercito di bandiere verdi che ha invaso il centro di Milano. Insulti, slogan, battute al vetriolo. E tanti, tantissimi fischi. Anche verso Papa Francesco, «colpevole» di aver chiesto meno morti nel Mediterraneo nel giorno dell’ennesimo braccio di ferro sui migranti, con la Sea Watch bloccata al largo di Lampedusa. Eppure il comandante dell’esercito «sovranista», il vicepremier Matteo Salvini, si è presentato al suo popolo con il Rosario fra le mani e citando la Madonna. Nessuna sorpresa. C’è tutto e il suo contrario in questo finale di campagna elettorale sul fronte dei cosiddetti «sovranisti» e anti-europeisti, tenuti insieme più dalla pancia che dalla testa. C’è un dato sul quale, però, occorre riflettere. Nessuno parla più di «piani B» o di uscita dall’euro: la lezione che arriva dall’Inghilterra è stata sufficiente a far cambiare idea anche agli irriducibili nostalgici della vecchia lira. Il 70% degli italiani, raccontano gli ultimi sondaggi, ha i piedi saldamente piantati nell’amato-odiato Vecchio Continente. Lo abbiamo capito molto bene anche nello scontro di qualche mese fa sulla Finanziaria, con i due partiti della maggioranza che hanno dovuto imboccare la retromarcia dopo aver chiesto a Bruxelles di portare il deficit a ridosso del 3%. E allora? Il rischio vero, nell’ultimo giro di boa della campagna elettorale, è di perdere definitivamente la bussola e di far finire tutto nel tritacarne del «populismo» perfino il Papa. Eppure, gli stessi partiti che oggi se le danno di santa ragione, sanno bene che fra una settimana, le urne saranno finalmente chiuse e gli slogan lasceranno il posto alla cruda realtà dei numeri. Quella di un Paese che non ha mai superato la sindrome dello «zero virgola», che viaggia perennemente in bilico sul sentiero della recessione e che avrebbe bisogno di meno debito e più crescita per voltare pagina. Sono le preoccupazioni espresse ieri dal leader della Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha ribadito (se mai ce ne fosse bisogno) soprattutto un concetto: mai e poi mai i nostri alleati ci consentiranno di sforare la fatidica soglia del 3% di deficit. Prima ancora che da Bruxelles, infatti, saremmo puniti dai mercati (provare a leggere, per credere, le evoluzioni dello spread dell’ultima settimana). 

7.2.19

San Gennaro pensaci tu

Dopo aver creduto a Conte, a Giggino e alla Sfera di cristallo, le prime incertezze si fanno strada nell’animo dell’elettore del governo gialloverde… Ma il suo granitico consenso non cambia: resta comunque da consultare il Mago Otelma, l’Oracolo di Delfi, i Tarocchi, I fondi di caffè, gli Sciamani indiani, per poi affidarsi ai tradizionali scongiuri napoletani: “occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio”… Se anche il più potente degli scongiuri, non gli fa intravedere il radioso anno dell’età dell’oro promesso dal Premier… come ultima chance non gli resta che rivolgersi a San Gennaro… 

@enio

26.11.18

Chefine hanno fatto i moderati ?


Finalmente se ne sono accorti. Fare i gradassi con il resto del mondo può far guadagnare qualche consenso in termini di voti e nei sondaggi, ma alla fine produce tali sconquassi finanziari da far tremare i polsi. Battere i pugni in economia non è la stessa cosa che far la voce grossa su sbarchi, sicurezza ed immigrazione. In un mercato globalizzato dove le scelte vengono fatte da investitori internazionali e mondo finanziario (e spesso sono scelte speculative), puntare l’indice contro la Merkel o Bruxelles in nome dell’italianità equivale a fare come quello stolto che di fronte al saggio che gli indicava la luna, lui guardava il dito. Le parole in libertà ci sono già costate 145 miliardi di euro di ricchezza nazionale: quanto dieci manovre. Con quei soldi si potevano fare altro che reddito di cittadinanza e quota 100: bastava stare più zitti ed agire con gradualità. Con un debito pubblico record (siamo al limite della bancarotta) ed una bassa produttività, giocare con i numeri non si può. E alzare il livello dello scontro con l’Ue (per capitalizzare alle elezioni europee il rancore che si va creando) ci porta sul dirupo. Anche perché di questo passo alle elezioni di primavera rischiamo di arrivarci con tassi e mutui in crescita e con un’immagine internazionale che si riflette sulle aste dei Btp, sempre meno brillanti. Di conseguenza con un sistema bancario in difficoltà che non riesce più a sostenere la crescita delle imprese e a prestare soldi alle famiglie. E allora dall’urna potrebbe uscire anche qualche delusione. Per fortuna le dichiarazioni degli ultimi giorni sono state più sfumate sulla manovra e sui conti pubblici. Dai toni sprezzanti si è passati a quelli concilianti con le istituzioni europee, come ha confermato ieri il premier Conte al termine dell’incontro con il presidente della Commissione Ue. Giova ripetere che non siamo tra i difensori ad ogni costo di quest’Europa. La Comunità dei burocrati e degli egoismi va cambiata, ma le spallate producono solo macerie. Al Nord i cittadini sono costretti a scendere in strada in favore delle infrastrutture. Le categorie meno propense allo scontro, come i medici ospedalieri, debbono scioperare. È l’Italia produttiva, quella che si alza presto al mattino per andare al lavoro, quella che ogni giorno fa imprenditoria e crea occupazione, quella delle partite Iva strozzate da fisco e burocrazia, che ora alza la voce. È l’Italia dei moderati, che sindaci e governatori ascoltano, ma il cui grido a Roma sembra, a torto, flebile. 
@enio

17.4.18

Politica ed economia


Mai come in questi giorni politica ed economia sembrano viaggiare su binari diversi. Basta aggirarsi in queste ore fra i padiglioni del Vinitaly per toccare con mano l’ennesimo paradosso. Da una parte la forte crescita di uno dei settori trainanti non solo del Nord-Est ma dell’intero Paese. Dall’altra i leader di tutte le forze politiche che si lanciano messaggi di fumo senza arrivare a intese concrete. Il «patto dell’Amarone» fra Salvini e Di Maio non c’è stato. E, forse, non poteva esserci dal momento che le consultazioni per il governo, quelle vere, si fanno a Roma, sotto la regia di Mattarella. Eppure, a 43 giorni dalla chiusura delle urne, qualcosa in più sarebbe lecito aspettarsi in un Paese che di tutto ha bisogno tranne che di un nuovo e prolungato vuoto di potere.

5.3.18

Quando uno decide di metterselo lì senza usare vaselina.




Quando ormai lo spoglio delle schede elettorali ha superato abbondantemente il 50%, il Movimento 5 Stelle si conferma il primo partito alle elezioni politiche con il 31% dei consensi, mentre il centrodestra è la prima coalizione con il 37%. La coalizione di centrosinistra, invece, fa registrare un 24%, con il Pd però che si tiene sotto la soglia del 20% sia alla Camera che al Senato. Il PD è stato ampiamente premiato per la sua mania di invitare extracomunitari in Italia e sistemarli tutti in alloggi popolari o alberghi confortevoli a discapito degli italiani che purtroppo un alloggio se lo devono pagare salato.Il giusto premio a Renzi e company di "merendine".

18.2.18

Manifesti «Prima gli italiani»


 I manifesti sono di Lega e Fratelli d'Italia. Gli slogan quelli ormai famosi, ripetuti da settimane: «Prima gli italiani» e «Qui si fa l'Italia». Ma la foto è quantomeno paradossale, considerato che a lavorare per appendere i cartelloni elettorali è un uomo di colore, verosimilmente extracomunitario, ovvero uno dei «bersagli» degli stessi slogan. Accade a Milano e a denunciare la curiosa situazione è Luca Paladini, il portavoce dei Sentinelli che aveva denunciato anche il fotomontaggio shock della presidente della Camera Laura Boldrini decapitata da “un nigeriano”. Ovviamente il post è diventato subito virale.

29.11.17

Verità o promesse elettorali ?

L'ultimo arrivato è il bonus per chi si prende cura di un familiare ammalato. Tecnicamente si chiama, con il solito anglicismo, «caregiver». Politicamente è l’ennesimo cambiamento della manovra nel segno del «sociale». Tutto bene, naturalmente. Nessuno si sognerebbe di giudicare superfluo o di etichettare come spreco un sussidio destinato a sostenere nuclei familiari in oggettiva difficoltà. Il problema è un altro. La legge di Bilancio, per motivi di compatibilità finanziaria e di rispetto dei parametri europei, è stata messa a punto secondo rigidi criteri di austerità, sulla falsariga di quelle degli ultimi anni. Non a caso, il ministro Padoan, ha fatto più volte ricorso alla metafora del «sentiero stretto» per far capire agli italiani che in cassa c’erano poche risorse. E che, quindi, andavano concentrate su pochissime voci di spesa: giovani, investimenti, poveri. E così è stato. Nel suo percorso parlamentare, però, la manovra sta prendendo, giorno dopo giorno, una piega un po’ diversa. I destinatari dei provvedimenti sono ancora le fasce più deboli. Ma i partiti si sono fatti prendere la mano. E hanno allargato i cordoni della borsa. Così, prima hanno cominciato a mettere in discussione l'innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019. Poi, nel mirino è finito il «super-ticket» sanitario, che molti vorrebbero abolire già nel 2018. Infine, una raffica di bonus, a cominciare da quello per i bebè su cui pare si sia vicini ad un accordo. Oltre al promesso ampliamento del reddito di inclusione. Tutti temi che cercano di dare risposte a situazioni di disagio, rese più acute dopo otto anni di crisi economica. Ma il rischio è sempre quello dell’assalto alla diligenza. Un pericolo reso più tangibile dalla imminente campagna elettorale. Io sono convinto che scopriremo dopo le elezioni che i bonus della manovra, più che una manna caduta dal cielo, saranno solo promesse gettate al vento. Passata la sbornia delle urne, gli italiani si ritroveranno con la necessità di rimettere mano al portafoglio, magari con una manovra bis nella prossima primavera.