23.5.10

Lettera di tuo nonno!


Caro nipote, il primo decennio degli anni 2000 è finito e stiamo per imboccarne un altro. Le speranze e le attese allo scoccare del millennio, dieci anni fa, sono andate in gran parte deluse. Il Paese in cui ti appresti a diventare grande è un Paese in pieno declino: economico, sociale, politico, morale. Non c'è indicatore statistico o parametro comparativo che non ci spiattelli ogni giorno inesorabilmente l'arretramento in cui ci inabissiamo. Caro nipote, sei ancora alla scuola dell'obbligo ma già sei consapevole che il futuro che ti aspetta non sarà quello dei tuoi genitori e della generazione che ti ha preceduto. Mi domandi se, quando sarai grande, avrai un lavoro, e non so darti risposta visto che oggi a 40 anni si è ancora precari, e tutti i posti di lavoro di qualche rilievo sono già occupati. Mi domandi se studiare serve, visto che nel nostro Paese la competenza e la preparazione sono requisiti secondari: ciò che conta sono le conoscenze e le furbizie levantine, che premiano chi chiacchiera di più e vende fumo rispetto a chi ha studiato e si è fatto il mazzo per prepararsi alla vita. Certo, hai ragione: le ultime due generazioni si sono mangiate tutto, anche la tua parte. Sono andate in pensione a 40 anni, a 50, a 55, quando tu, se andrà bene, se la pensione ci sarà ancora e se sarai riuscito a raggiungerla mettendo insieme i mille spezzoni lavorativi a cui sarai costretto, l'avrai forse a 70 anni, e sarà una miseria. Il posto fisso non esiste più. E nemmeno lo spazio per costruirti la casa c'è più, visto che le due generazioni che ti hanno preceduto hanno consumato più territorio loro di tutta l'umanità messa insieme dai tempi del big bang. Pure il benessere che riuscirai a raggiungere, per te e la tua famiglia, per la prima volta sarà in dubbio. Non è detto che tu potrai godere dello standard di vita con cui sei cresciuto, perché i prossimi anni si presentano ancor più duri, più in salita, più difficoltosi. Per la prima volta da secoli, la generazione successiva avrà di meno della generazione precedente, consumerà di meno, potrà godere di minori vantaggi e prospettive, non potrà scegliere il lavoro che gli piace, non potrà realizzare i suoi sogni, perché non c'è più spazio per realizzarli. Anche se sei piccolo, nipotino mio, ti stai rendendo conto di come si sia abbruttita la società in cui vivi, involgarita, arrabbiata, senza speranza. Quando accendi la televisione, ti si riversa addosso una vomitevole colata di urla, di vuoto, di abbruttimento morale e civile. Mi domandi qual è la differenza tra politica e spettacolo, e non so darti risposta, perché la politica ha rinunciato da tempo a guidare il Paese per accontentarsi di farlo ridere (o piangere), di assecondarlo nei suoi istinti più bassi e bestiali, anzi di cavalcare le sue paure, le sue insicurezze, alimentando l'odio per trarne qualche vantaggio elettorale. Ti capisco, quindi, nipotino mio, per come sei rimasto impressionato giorni fa, quando ti è caduto l'occhio su quel titolo in prima pagina di «Repubblica» che tuo padre incautamente ha portato a casa. Era la lettera di Celli a suo figlio. E il titolo diceva: «Figlio mio, lascia questo Paese». Mi hai chiesto se era vero, se anche tu avresti dovuto lasciare l'Italia, perché questa nostra Patria non dà più futuro ai suoi figli. Allora non ti ho dato risposta, e i tuoi occhi ne sono rimasti impressionati. Un nuovo decennio prende avvio. Di solito ci si fanno gli auguri. Questa volta io non ti faccio gli auguri, ma ti dico ciò che mi viene dal profondo del cuore. Ci ho pensato molto alla tua domanda. E ti dico: no, nipotino mio, non lasciare il nostro Paese. Non arrenderti allo sfascio in cui siamo ogni giorno sempre di più avviluppati. Non ascoltare tanta classe politica, la televisione, i «grandi» maestri del pensiero di oggi, che vogliono dissuaderti dal pensare al futuro. Certo, il messaggio che propinano è suadente. Ti dicono: vivi solo il presente, non preoccuparti di quello che avverrà domani, carpe diem, consuma, spendi, batti le mani, non serve impegnarsi, essere responsabili, dire la verità, assillarsi per ciò che verrà dopo. Tu goditi solo l'oggi, e fregatene del resto. Lo so, è il contrario di quello che io e tua nonna, faticosamente, cerchiamo ogni giorno di trasmetterti. È l'opposto dei valori su cui abbiamo costruito la nostra famiglia, quelli che hanno spinto anche noi nonni a lottare per vincere la miseria della guerra e la povertà del Paese del dopoguerra per costruire loro e per i loro figli un domani. Non avrebbero fatto nulla e raggiunto alcun risultato, se avessero anche loro pensato solo a galleggiare sul presente, senza la memoria di ciò che era stato il passato e una fortissima speranza e attesa per il loro domani. Sicuramente sarà faticoso, più faticoso di quello che è stato lo sforzo di tuo padre e di tua madre. Ma non arrenderti. Non scappare. Non rinchiuderti nel nirvana di chi non vuol vedere la realtà delle cose, rincorrendo il sogno di fare la velina o il calciatore. Tu studia, impegnati, sgobba. Se la tua insegnante ti dice di leggere un libro, tu leggine due. Se tuo padre e tua madre non ti impongono delle regole e una disciplina, tu richiedila. Se chi ti sta attorno infrange le regole, tu rispettale ancor di più, perché solo così si può salvare quel resto di civiltà che fa ancora di noi una comunità e non la giungla.


1 commento:

  1. In queste parole c'è tanta tristezza e tanta speranza, la stessa che spero tuo nipote riesca a coltivare per il suo futuro.
    E' una lettera stupenda, e tuo nipote è un ragazzo fortunato ;)

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