25.9.10

L'Italia un paese incattivito

L'Italia non è solo un Paese vecchio e in declino, come tutti gli indicatori economico-sociali evidenziano. È un Paese incattivito. Un Paese che da tempo ha perso una visione comune, una dimensione di comunità e di cammino unitario, e si è lasciato andare ad un abbandono, che è mancanza di speranza nel futuro. Lo spettacolo rivoltante che la politica quotidianamente ci riversa addosso, ridotta a violenza e odio in difesa di interessi personali, senza più alcun senso dello Stato e delle istituzioni prima che del bene comune, non è che il simbolo drammatico di un abbruttimento generale che come una cancrena ha invaso tutto il corpo e ha raggiunto anche i livelli più alti, quelli che dovrebbero essere la testa che guida il Paese, e ne sono invece lo specchio dei lati peggiori. La guerra del tutto contro tutti ha invaso i giornali, le televisioni, la cultura, la società civile, sconfinando nella barbarie, come i killeraggi quotidiani di giornalisti, magistrati, politici, imprenditori drammaticamente dimostrano. La scena pubblica è diventata una sorta di circo massimo che reclama le sue vittime da gettare in pasto alle belve tra le grida di masse assetate di sangue. È come se avessimo cessato di essere una comunità, di avere valori comuni, di credere in un destino comune. Assistiamo ad ogni livello all'esplodere di egoismi ed individualismi incuranti degli effetti che il nostro comportamento può avere sugli altri. Sembra quasi che l'altro sia solo un impedimento al raggiungimento del mio interesse, della conservazione del mio possesso. Così non importa più se inquiniamo, basta che non sia nel mio giardino. Non interessa se non paghiamo le tasse o rispettiamo la legge, basta che favorisca me e danneggi solo gli altri. Non ci si cura se le generazioni più giovani non avranno lavoro, pensione, condizioni di vita al pari di chi li ha preceduti. L'importante è non scalfire di un millimetro il privilegio acquisito di chi è garantito, di chi è dentro, di chi vanta il diritto, scordandosi che i diritti non possono essere disgiunti dai doveri. Anche di solidarietà.
Demolite le culture che hanno tenuto unito il Paese, corrosi i patrimoni valoriali che hanno fatto dell'Italia una nazione e non solo un'accozzaglia di individui, si è assistito come ad una mutazione genetica dei valori degli italiani, a cui la televisione spazzatura ha dato il contributo più rilevante. Al noi si è sostituito l'io, e il più delle volte un io contrapposto agli altri io. Lo si avverte anche nelle piccole cose, nell'esplosione del rancore sociale, dell'uso delle carte bollate per risolvere ogni forma di contenzioso, dell'incapacità di dialogare e di ascoltare chi ci è di fronte, a cominciare dallo scempio dei dibattiti televisivi, dove conta il grado di decibel che si riesce ad esibire, più che la sensatezza di ciò che si afferma. Lo si vede perfino nella sporcizia delle città e dei paesi, perché nessuno si cura più di raccogliere la cartaccia buttata per strada o di tenere pulito il marciapiedi davanti a casa. Un'esasperazione che si sperimenta nell'insicurezza diffusa del nostro vivere, il più delle volte non corrispondente alla realtà delle cose perché artatamente ingigantita, ma che fa percepire l'altro esclusivamente come una minaccia o un fastidio. Spesso questa aggressività diffusa viene spacciata come difesa della libertà individuale, che rappresenta ormai il totem su cui tutto s'infrange. La libertà è certamente il bene più prezioso di cui ogni uomo dispone. Ma averla trasformata da decenni di ideologia libertarista di destra e di sinistra in un assoluto, che non ha limiti, e soprattutto non porta responsabilità, l'ha resa un potentissimo disgregatore sociale. E così in nome della libertà individuale si è pronti a giustificare qualunque sopruso collettivo, o a calpestare ogni altro riferimento, anche etico o deontologico. Non sappiamo quanto potrà resistere un Paese che smarrisce la propria identità comunitaria e una mèta condivisa, per ridursi ad una massa di arrabbiati e di scontenti, in un vivere che è sempre più rancoroso e pieno d'odio. C'è bisogno di un riscatto morale e civile, di questo Paese. Probabilmente anche di più generosità e senso di responsabilità. Purtroppo oggi non possiamo aspettarcelo dalla politica. Deve partire quindi dal basso, dai cittadini, da ciascuno di noi, chiamato a fare il proprio dovere, fino in fondo e a qualunque costo. Solo così potremo dare ancora una speranza al domani.
 

7 commenti:

  1. una ennesima pia illusione, il bubbone è incurabile ormai

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  2. Sono d'accordo con quanto esposto in questo post. Aggiungo che purtroppo non è solo la cultura dell'io a prevalere, ma anche quella dell'apparire, chè si è prepotentemente introdotta tra l'essere e l'avere. Lo status quo fa il resto. Le banche comunque vada ci guadagnano, i "grandi" non sanno più che pesci pigliare visto che hanno fatto piazza pulita di tutto. L'unico aiuto alle famiglie ed alle piccole aziende sono i prestiti tra amici e famigliari, se non si vuole cadere nello strozzinaggio. E' uno schifo e la politica è completamente assente, o meglio c'è a coprire i soliti noti ed a speculare sempre sulla gente comune. Ovunque, e l'Abruzzo, sentendo i fatti del giorno, non ne è assolutamene esente, anche se vuole "apparire" di palato fine,regione tutta verde, e di eccellenza anche quì i traffici sono tanti e illeciti. L'eccellenza deve "essere" dentro ognuno di noi, non si compra al supermercato e non si certifica alla ASL. Basta lamentele, vediamo qualcosa di positivo in questa triste realtà. Sabato scorso ho dedicato un pomeriggio di sano passeggio in centro con la famiglia ed è stato bello riscoprire la città piena di gente. Giovani, vecchi, bambini e coppie di tutte le età che passeggiavano tranquilli. Non un mendicante, un suonatore (strimpellatore) di strada, non un venditore invadente. Certo, qua e là c'erano persone che vendevano quadri o statuine, ma composti. Così era la Chieti di quando ci sono nato e giravo tranquillo con i miei genitori, tanti anni or sono.
    Forse questa crisi, e lo dico cinicamente, ci ha ripulito di molta feccia che non arrivava per lavorare, ma solo per allungare la mano, e finchè c'era chi riempiva quella mano, il mercato veniva alimentato. La carità la si fa aiutando chi vuole essere aiutato; i parassiti non hanno cuore.

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  3. Bellissimo e amarissimo post. Purtroppo hai perfettamente ragione, in tutto e per tutto...

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  4. Anch'io concordo. Sia a destra che a sinistra oggi mancano politici con degli ideali "veri".
    Ognuno cerca di tutelare i propri interessi o gli interessi di alcune categorie.Bisognerebbe togliere i soldi alla politica e vedere se gli attuali politici fanno politica per passione o solamente per soldi.In un paese dove tutti cercano il consenso senza chiedersi se al paese serva il consenso o se le cose non fatte nonostante le loro chiacchiere elettorali.E poi bisogna svecchiare la politica, che ha bisogno di persone nuove, con nuove idee magari prendendo dalle forze attive dello Stato, la scuola, la sanità e l'economia puntando su persone che non abbiano ancora compiuto il 40° anno di età.

    Gustavo

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  5. I cattivi esempi vengono dall'alto e dalle TV spazzatura.
    Deputati, senatori, cariche dello Stato, amministratori pubblici, dirigenti e consulenti a vario titolo, tutti a stipendio medio come gli operai.

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  6. Siamo quello che siamo o almeno al 90%
    ora davvero pensi che le cose possano cambiare quando il tuo voto ha lo stesso valore di quello della monaca, del prete, della vecchietta, del pensionato o del bamboccio viziato?
    Io darei il diritto al voto solo a coloro che pagano contributi all'inps

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  7. Hai ragione, ognuno cerca di fare per sè ma in modo aggressivo, certamente più che nel passato.

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