23.10.15

Chieti - Le nebbie d'autunno


Le nebbie d'autunno aprivano la strada alle prime burrasche dei venti gelidi che urlavano, specie di notte, contro le vecchie finestre e scendevano giù per il camino. Nei letti ci si raggomitolava come il gatto che andava a dormire sul focolare avvicinandosi molto alla cenere ancora un po' calda. Si andava a dormire dopo che la campana aveva dato i rintocchi detti "dell'Ave Maria". Poco prima di andare a letto si metteva quella poca brace rimasta dal focolare in una padella che poi si infilava nel prete", un arnese di legno ormai scomparso, forse, come il "filarino", oggi cercato dagli antiquari. Molti avevano il materasso gonfio di foglie di pannocchie: quando si voltava fianco ci si svegliava per il rumore, quasi un supplizio. Pochi avevano materassi di lana, la maggior parte, di crine. E l'inverno portava sogni di neve, di ghiaccioli, di trappole per passerotti, di scambi di palle di neve, perfino di granite con qualche sciroppo fatto dalle mamme o dalle nonne. Era una festa, una sarabanda di cose nuove, il freddo non sembrava mordere mani, piedi, volti. Svegliarsi al mattino con la neve che copriva i tetti, la strada, gli alberi, dava un senso di gioia, quasi scoprirsi in un mondo nuovo, diverso dai tanti altri giorni dell'anno. Ci si dava la voce, che restava attutita, quasi soffocata da un cielo di piombo e dal soffice manto immacolato. Gli uomini aprivano sentieri che portavano alla strada principale, al pollaio, al "fondaco" ove si custodivano carriola, attrezzi vari, la botticella del vino e un po' di legna. Il sobborgo assumeva l'identico aspetto del presepio, che ogni anno si preparava nella parrocchia per il Santo Natale; oggi, diremmo paesaggio abruzzese per lo meno, ma a quella età si pensava che d'inverno tutto il mondo fosse così. Beata ignoranza, o, se volete ingenuità di allora!
@enio

4 commenti:

  1. noi avevamo il materasso di crine sotto e sopra quello di lana eravamo già una generazione avanti grazie al lavoro di nonno Peppe non più contadino ma ferroviere

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  2. IO vivevo in città e mio padre aveva uno studio, ma anche noi, pur avendo i materasso di lana, avevamo il camino per cucinare e per scaldarci e anche noi ci scaldavamo con la brace nella padella. Il filarino non ricordo neanche più che cos'era. Ma che bello il tuo racconto, mi hai risvegliato ricordi d'infanzia. Era bello, come dici tu, scoprire la neve al mattino, i rumori attutiti. Un altro mondo.

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  3. Uno struggente ricordo del passato,scritto con il cuore,ma preferisco l'oggi e soprattutto l'incerto futuro.
    Felice fine settimana,fulvio

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  4. Allora si era felici della neve ? Perché si era bambini o perché si era felici e basta?

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