10.10.16

Chieti - Tanti nostri ragazzi via dall'Italia


 La brutta notizia è una buona notizia: anziché marcire in attesa di un lavoro degno che non arriva, e spesso di un lavoro purché sia, la generazione dei più giovani non se ne sta a guardare. Prende la valigia, che non è più quella di cartone dei nostri poveri ma dignitosi nonni, e se ne va dall’Italia per far vedere al mondo quanto ha imparato in anni di grande, non di rado eccellente, Scuola italiana. È ormai da primato la fuga dei cervelli, ma pure di ragazzi che s’impegnano con geniale perseveranza e decidono, quasi sempre col conforto delle loro famiglie, che non intendono più sottostare a un sistema marcio e irriconoscente verso chi vale. Sono dati impietosi, quelli di «Migrantes», eppur incoraggianti, perché testimoniano che tanti giovani reagiscono e non hanno paura di rischiare all’estero: dei centomila connazionali che l’anno scorso hanno lasciato il Paese, un terzo ha fra i 18 e i 34 anni d’età. E la metà di questi nuovi emigranti ha meno di cinquant’anni. Uno su due, perciò, se ne va negli anni più importanti per se stesso e per l’Italia.


4 commenti:

  1. qu da nojos oramai è una ridda di caste e castarelle, mo' pe' legge ce so pure quelli addetti a legge i consumi dei caloriferi ed a fatturare questa prestazione al condominio, Se poi decidi da staccatte e mettete una caldaietta individuale subito vengono quelli cor pennelletto a fatturatte er controllo annuale. Anzi, mo' vengono senza er pennelletto perchè le caldaiette sono monoblocco e tutte chiuse.
    Tutti lavori inutili che non producono ricchezza nazionale, difatti oggi importiamo prsino i pomodori dalla cina

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  2. Enio, qui si cade nel solito malinteso dei "cervelli in fuga", col corollario che lo Stato dovrebbe assumerli tutti.

    Gli Italiani non vanno all'estero perché li trovano le condizioni ideali per il cervello. Ci vanno perché LI PAGANO IL TRIPLO o di più. Non solo i ricercatori, anche gli idraulici o i lavapiatti, chiunque.

    Ovviamente questo vale se riesci a procurarti un lavoro UGUALE A QUELLO DEI NATIVI e non un lavoro da "immigrato", cioè i famosi "lavori che gli Italiani non vogliono fare".

    Raccogliere pomodori nel Sud Italia non è un vero lavoro, è una specie di servaggio della gleba o peggio. Raccogliere pomodori ovunque ormai ha più o meno le stesse caratteristiche. Quindi gli Italiani vanno la dove esistono opportunità di impiego alle condizioni "native", non vanno OVUNQUE a fare QUALSIASI COSA, come invece facevano i loro avi, i quali non caso finivano in miniera in Belgio o carpentieri nella Terra del Fuoco.


    Sul mio blog parlavo del "Piano Nazionale Industria 4.0". Stringi stringi, si tratta della stessa solfa che sento dagli anni '80 sul "terziario avanzato". Io abito nei pressi di Milano e ho visto chiudere tutte le fabbriche, perché dovevamo fare tutti i manager, gli impiegati e i venditori del "terziario avanzato". Il risultato è la pseudo-crisi, che non è una crisi, cioè un periodo di difficoltà che si risolve in un recupero ma è invece il declino conseguente la "de-industrializzazione" dell'Italia, incluse le produzioni dell'agro-alimentare, per cui importiamo anche tutto quello che mangiamo.

    Tutto questo non succede per caso, è stato progettato a tavolino. E noi, essendo dei minchioni, lo subiamo con sorriso.

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  3. Lo Stato e le famiglie hanno investito un fiume di denaro per istruire quel ragazzo che fugge, per dare a quella ragazza la marcia in più per farsi ovunque apprezzare. Li formiamo al meglio con enormi sacrifici e poi li costringiamo a volare via, come tante rondini che non faranno più primavera nella loro patria. È un delitto che ogni governo e ogni classe dirigente dovrebbe sentire sulla propria coscienza. Perché tutti giurano a turno che cambieranno musica. Ma a vent’anni non si spreca il domani, aspettando il concerto della politica che non comincia mai. E così buttiamo al vento il futuro dell’Italia, perché in esilio vanno i più bravi e intraprendenti. Lo erano, spesso, anche quei milioni di italiani che da ogni parte e sempre dal Veneto- allora come oggi-, andavano nelle Americhe, in Australia e ovunque fra Ottocento e Novecento. Erano bravi, gli esuli della sofferenza. Erano umili, gli emigranti con studi elementari, talvolta nemmeno, ma determinati. Portavano nel sangue la cultura del lavoro. Portavano nel cuore l’amore della famiglia. Ora quell’addio pieno di nostalgia è diventato un arrivederci senza rimpianti. Se ne vanno delusi e soli. Oggi non si va più via per sempre: prima o poi i nostri figli rivedranno e alcuni persino torneranno in questa Italia così bella e così mal sistemata, che ha fatto a meno di loro negli anni in cui loro più potevano e volevano fare per Lei

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  4. Ciao Enio, non è solo un problema italiano. Anche qui in Francia si è nella stessa situazione e mi trovo d'accordo con Lorenzo perché si è più attirati dallo stipendio elevato che non dal fatto che non si trova lavoro. Quello che mi chiedo però è se queste persone ( a parte avere la conoscenza della lingua) considerano il rapporto stipendio/costo della vita perché ho una coppia di amici che, dopo un anno di California, hanno preferito cambiare ed ora sono a Tenerife.
    In ogni caso condivido il fatto che in questo modo si perdono delle persone valide in qualsiasi campo siano specializzate. Buona serata.

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