15.6.12

Chieti - La cotiche


Prudeva l'esofago ma era tanto squisita con i crauti. Del maiale si utilizzava proprio tutto: le mascelle servivano persino a scopi terapeutici. In dialetto era detta semplicemente "coteche", anzi per usare la frase intera "la coteche nchè lu pele", in quanto un residuo di setole rimaneva sempre a deliziare l'esofago. Quando si ammazzava il maiale, nulla veniva sprecato in famiglia all'infuori delle setole. La parte migliore veniva impiegata nella preparazione delle salsicce; ma questa si usava con parsimonia. Le frattaglie o "lu dedentre" venivano consumate nel breve giro di due, tre giorni con abbondanti fette di polenta o insieme a" ferzore di patate nche lu sughette". Col sangue si faceva la torta oppure si preparavano i sanguinacci. Il valore nutritivo di questi ultimi non era molto elevato. Il lardo veniva salato e affumicato. La pelle del maiale o "coteca" veniva sfruttata come commestibile di buona qualità nel corso dei giorni feriali. Scarnificata dal macellaio con coltelli affilati e taglienti non c'era pericolo che la cotenna conservasse qualche rimasuglio di carne. Eppure si conservava, e come si adoperava per condire i crauti! Questi erano i piatti forti e costanti della settimana sia a casa sia in campagna. I crauti erano sempre abbondanti, un bel malloppo. Nascosti in mezzo, faceva capolino una salsiccia, qualche po' di pancetta, mentre abbondavano le "cotiche nchè lu pel". Non si capiva perché i macellai tanto virtuosi nell'asportare il più piccolo pezzetto di carne, non fossero altrettanto bravi nell'asportare le setole, che l'esofago accusava sempre al loro passaggio. Siccome però le mangiavano gli anziani senza dir nulla, le mangiavano pure i ragazzi e non fiatavano, probabilmente pensando che le setole facessero parte integrante della pietanza. Le "coteche nchè lu pel" si adoperavano nella preparazione della minestra d'orzo, altro piatto che andava per la maggiore in modo particolare alla sera, quando venivano a mangiare i braccianti della campagna. Un piatto di minestra condita con cotenne, un po' di polenta e la cena era bella e servita! Di più non si riceveva né di più ci si azzardava a chiedere. Si racconta ancora oggi di certe famiglie benestanti, abituate ad avere molti braccianti, le quali mettevano in serbo un intero graticcio di cotenne per "piegare" i crauti e per condire minestra d'orzo. Qualcuna di queste famiglie offriva il vino ai propri dipendenti in boccali sbeccucciati: in apparenza il boccale era pieno, ma il livello del liquido era ridotto a metà! Un misto d'astuzia e di conoscenza empirica del principio dei vasi comunicanti. Qualcuno mangia le cotenne anche oggi, più che altro con piacere di buongustaio e con determinati piatti. Un tempo però devono averne mangiato fino alla noia, tanto che ancora ai nostri giorni, per indicare una persona brutta, vecchia, noiosa e cattiva, si usa la frase "vecchia coteca!".

8 commenti:

  1. angh'io son sempre stato sostenitore del pelo, però le cotiche le passavo nell'acqua bollente e le rasavo

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  2. @fracatz

    sostenitore del pelo lo sono stato e lo sona da sempre e invece di passarlo nell'acqua bollente mi limito ad accarezzarlo amorevolmente!

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  3. Porc... ho sbagliato a leggere il post a quest'ora. Adesso, se non addento qualcosa, svango. Comunque, se oggi qualcuno mi presenta un piatto di fagioli con le cotiche, faccio una festa! Nelle fraschette (trattorie) di Ariccia, comune limitrofo al mio, ancora è possibile trovarle e almeno una volta, d'inverno, me le vado a gustare.

    Ciao Enio e buon fine settimana.

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    1. ... ma quale "svango"!!! Volevo dire "SVENGO"!!! Pero, sta a significare che questa lettura mi ha veramente.... confuso!!!

      Ariciao

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  4. Ecco appunto, come dice Carlo qui il piatto "fagioli con le cotiche" va per la maggiore. Ma, a proposito di maiale e di Ariccia, secondo me la "porchetta" è la mejio de tutto.

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  5. @il monticiano

    sono daccordo con te al 100% caro Aldo. Io mi mangio la porchetta due volte alla settimana in occasione del mercato cittadino. Mi faccoio in bel paninazzo al posto della brioches e del cappuccino mattutino e compero anche il pollo arrosto con una confezione di patatine fritte da mangiarmi a pranzo... e si qualchye volta trasgredisco anch'io.

    @carlo
    io non devo andare in trattoria, come vedi dalle foto, una volta al mese me le prepara mia moglie le coteche....

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  6. @il monticiano

    mia madre, ormai 86enne, ma lucida come una volpe, racconta a me ragazzetto ormai 64nne che la qualità più scadente del lardo con relativa cotenna era detta "sogna". Questa durante la seconda guerra mondiale, in periodo di razionamento, quando i soldi non valevano niente ed era necessario, anzi indispensabile, il cambio-merci, è servita all'acquisto di copertoni per bicicletta. "lo ti do i copertoni e tu mi dai in cambio la sogna". Si adoperava per fare lo strutto o il grasso ordinario di maiale, si faceva struggere per levarne le parti estranee e si faceva il condimento. Forme bianche, cilindriche, preparate nelle padelle grandi di rame stagnato, condimento che poi veniva tagliato a fette e usato al posto del burro o dell'olio. Labbra e palato recavano a lungo i segni del sego, ma non ci si faceva tanto caso in quanto una certa quantità veniva pure adoperata per arricciare i baffi in punta e trasformarli in mustacchi. Il sego poi in altri tempi era di moda; lo stesso Giusti parlando di "afa" e "alito di lezzo" afferma nella poesia "Sant'Ambrogio": "Mi parean di sego - in quella bella casa del Signore - fin le candele dell'altar maggiore". Con le cotenne e le parti più scadenti del maiale si facevano i cotechini, particolarmente adatti per condire i crauti e da mangiarsi assieme alle lucaniche. La sugna o "sogna" veniva impiegata poi anche per ingrassare le scarpe. Mamme e nonne ne scioglievano una pallottolina sopra il fuoco e con quella ammorbidivano il cuoio delle scarpe. Queste assorbivano avidamente il grasso in quanto il contadino andava dappertutto: nell'acqua, in mezzo alla terra, in mezzo allo stallatico e alla calce, tutte cose che avrebbero messo fuori uso le calzature in brevissimo tempo, se non fossero state ammorbidite dalla sugna.

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  7. Ricordo la macellazione del maiale fatta da mio nonno in campagna quando ero piccola, ci si mangiava tutti, ma proprio tutti. Amici, parenti e vicini (tanti parenti, amici e vicini). E nonna davvero non buttava nulla. Altri tempi.
    p.s. Ora sono 13 anni che non mangio più carne, tu pensa che colpo mia nonna quando glie lo dissi :)

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