Nella prima parte della mia vita, quella che corrisponde al periodo fra il 1947 e il 1966, ho abitato con la mia famiglia a Chieti, dove è avvenuta la mia formazione primaria, ammesso che si possa definire così l'acquisizione delle coordinate principali della vita, le prime esperienze conoscitive, la scuola elementare, l'imparare ad andare in bicicletta, le sassate, l'apprendimento del dialetto con un accento contadino. Mi ricordo il giorno che mia madre mi disse, che se imparavo a servire alla Messa, poi ogni 7 messe una sarebbe diventata mia e tutti gli sforzi che facevo per imparare, allora era in latino, con Cecchino che stava studiando da prete e tutti i pomeriggi mi faceva esercitare alla chiesa della Madonna della Vittoria. Io pure abitavo in contrada Madonna della Vittoria, ma da tutt'altra parte della chiesa, spostato verso l'interno in campagna, quella che mio padre coltivava, per hobby diceva lui, in aggiunta alle otto ore che passava alla Fornace Di Cannone dove, tutto il giorno, cuoceva i mattoni. Quindi ogni volta che andavo a messa mi dovevo fare un paio di chilometri, a piedi, per strade sempre sterrate di campagna. Mi ricordo anche a settembre quando si andava alla festa di quartiere, quella con le "nucelle e li lupine" con tutti i giochi e la pupa e la cassaarmonica con i cantanti. Io ci andavo con mia sorella e la mia mamma mi dava cinque lire di carta, quelle di colore azzurro che avevano le dimensioni di un cento euro di adesso. Mi è sempre piaciuto parlare in dialetto fin da allora, anche se mi dicevano che il dialetto lo parlavano solo li "cafune" e io ogni volta che ritornavo da Milano, dove ero andato a lavorare , continuavo a parlarlo benché con il tempo la mia parlata si era mischiata a tanti altri dialetti imparati in Lombardia e risultava sensibilmente corrotto rispetto alla sua purezza originaria. Eravamo poi finiti a Chieti dalla campagna, in un altro quartiere, la Madonna degli Angeli, che allora non aveva molti abitanti, e la fornace a Chieti Scalo dove lavorava mio padre, era ormai un ricordo perchè lui si era specializzato in rivestimenti interni ed esterni e riusciva a guadagnare bene come muratore. Eravamo andati via da dove abitavamo, una casa con annesso terreno a mezzadria che mio padre, dopo aver passato le sue otto ore alla fornace, coltivava tutto a mano senza nessuna aiuto da parte nostra che eravamo piccoletti. Io e mia sorella, allora avevamo otto e nove anni e mi ricordo che la principale cerimonia del mezzogiorno, in questa nostra età del miracolo, era la preparazione dell'acqua frizzante con le cartine di sostanze carbonate che movimentava per qualche momento l'ora di pranzo. L'acqua minerale denominata "poveristica" veniva ottenuta con una bustina di sali imprecisati (e talvolta con due bustine, operazione acrobatica perché implicava la necessità di richiudere tempestivamente la bottiglia prima che la reazione chimica della seconda bustina si sviluppasse facendo scappare via metà dell'acqua) sciolti in un litro di acqua di fonte. L'acqua frizzante veniva allora canonizzata nella poesiola riportata sulla scatola dell'Idrolitina. Diceva l'oste al vino: «Tu mi diventi vecchio; ti voglio maritare all'acqua del mio secchio». Rispose il vino all'oste: «Fai le pubblicazioni; sposo l'Idrolitina del Cavalier Gazzoni». Eravamo, allora, senza saperlo nella fase più poetica della pubblicità e dello sviluppo del brand. L'ossessione verso i comunisti e il pericolo che rappresentavano per la civiltà occidentale e cristiana, e verosimilmente per l'umanità intera, era giustificata anche dall'adorazione cieca del sovietismo da parte del Partito Comunista italiano con una bandiera raffigurante la falce e il martello. Allorché «l'Unità» di venerdì 6 marzo 1954 («una copia lire 25») annunciò con la prima pagina listata a lutto «Stalin è morto», spiegando in un catenaccio che «Il Capo dei lavoratori di tutto il mondo si è spento ieri sera a Mosca alle 21 e 50», l'occhiello sotto la testata recitava: «Gloria eterna all'uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell'umanità». Erano evidentemente tempi sobri, senza retorica. In famiglia si diceva, un po' sostenuti: «Noi siamo lavoratori, ma quello lì non era mica il nostro capo, io sono un comunista italiano e vado anche in chiesa... e si perche la mia mamma se non ci si confessava e comunicava a Pasqua, mica ci faceva mangiare e, mio padre, comunista, si adattava e quel giorno si andava sempre dai frati, perchè lui mi diceva, avevano la manica larga e non avrebbero esageravano con gli ave e i pater...». La posizione cattolica verso i comunisti era già stata codificata dalla Chiesa quel 13 luglio 1949, due anni dopo la mia nascita, allorché il Sant'Uffizio emanò la direttiva secondo cui «chi è marxista, comunista o ateo non può essere assolto». C'è da chiedersi magari perché un ateo possa desiderare l'assoluzione, ma vabbè, non stiamo quì a sindacare, mio padre, buon'anima, mica gle lo diceva a frate Alberto di che partito era... tanto, mi diceva, il voto era segreto... eravamo noi in casa che ce lo dovevamo sopportare per un anno intero, sopratutto quando ritornava a casa con le mani screpolate dal freddo e per curarsele, metteva a sciogliere la cera delle candele nel coperchietto della "Guttalin", quella della scatoletta del lucido per le scarpe e, poi se la metteva sulle dita per cercare stoppare e curare, riducendo le numerose crepe che gli si aprivano sulle dita, il giorno, a contato con la calcina. Forse l'assoluzione valeva per il punto di morte, quando molti atei cedono al dubbio e aderiscono alla scommessa di Pascal. Poco più di un anno dopo, nell'agosto 1950, Pio XII con l'enciclica Humani Generis condannò una sequela lunghissima di peccati filosofici contemporanei (immanentismo, idealismo moderno, storicismo, esistenzialismo, relativismo dogmatico: non si salvava nessuno, ma tant'è che nell'Italia contadina di alllora non ci si faceva nemmeno caso, perchè altri erano i problemi, sopratutto quello di riempire la pancia giornalmente). L'11 novembre dello stesso anno, a conclusione del Giubileo, dopo la canonizzazione della vergine martire Maria Goretti, simbolo della purezza insidiata, papa Pacelli proclamò il dogma dell'assunzione corporale di Maria madre di Cristo. La passione per i giornali, le notizie, i titoli, nacquero in me piuttosto presto. Il filosofo per eccellenza del pessimismo cosmico, Schopenhauer, sosteneva che «solo gli imbecilli aspettano con ansia l'ultima notizia»: ecco, io faccio parte indiscutibilmente di quella categoria. Mi ricordo Il primo numero del «Giorno» di sabato 24 aprile 1956, nove anni, che apriva con il titolo a sette colonne "La distensione a Londra" e riferiva dei discorsi pronunciati nella capitale inglese dal dimenticato maresciallo Nikolaj Bulganin e da Nikita Krusciov. Il giornale conteneva una rubrica di Franca Valeri e i servizi sportivi curati da Gianni Brera. Poco dopo interveniva nientemeno che la buonanima di Croce sulla storia dei Savoia («Sono rimasto vivamente commosso» scrive pensoso il maestro «quando ho appreso che Marìa José, l'ultima regina d'Italia, volgendosi agli studi storici...». A quanto riporta il filosofo, l'ex sovrana si era messa a lavorare negli archivi di Chambéry). Ne è passato oggi di tempo e tante cose sono cambiate...
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
bello..bello...e bello.....
RispondiEliminaspesso piace anche a me fare post sui ricordi di infanzia, la mia è tra gli anno 70 e 80 (etichetta origini sul ns blog) ma soprattutto amo il mio dialetto e appena posso lo parlo...mi piace anche se da paese a paese cambia un po'...... ciaooooo
buona domenica
Ai miei tempi si faceva l'acqua frizzante con una bustina dai contenuti imprecisati ...
RispondiEliminaQuanti ricordi ha suscitato questo post!
RispondiEliminaLa pubblicità dell'Idrolitina ce l'ho stampata in mente...
Mamma mia cosa non mi hai fatto ricordare...
RispondiEliminaChe bello... che poesia!
RispondiEliminaCose che una volta ci sembravano banali adesso assumono un significato completamente diverso!
Grazie per essere passato dalle mie "parti"
Ciao...
Ilaria
credo proprio che la tua visione del mondo e del successo di un matriomnio non sia affatto sbagliata....
RispondiEliminabuon inizio settimana
ciao, volevo chiederti qual'è la Chiesa della Madonna della Vittoria a Chieti? Io sono calabrese ma mio marito è di vicino Chieti e saliamo su almeno una volta l'anno e conosco molto bene la tua città. Ciao da Maria
RispondiEliminaPrima di tutto volevo ringraziarti per la tua visita.
RispondiEliminaQuesto tuo post mi ha fatto ritornare in mente alcune immagini della mia infanzia... la famosa "idrolitina", polverina non meglio definibile con la quale si otteneva, versandola in un litro di acqua corrente, un'ottima acqua minerale frizzantina, a volte troppo... La memoria del nostro passato, ci aiuta a vivere meglio il nostro presente, io ne sono certo, e lo sto riscoprendo a modo mio...
Un caro saluto e a presto
@melina
RispondiEliminada chieti, scendendo verso la piana Vincolato, per intenderci dove sono dislocati i campi da tennis in terra rossa,si prosegue verso il Megalò, facendo una strada asfaltata piena di curve ( si scende dal colle ). A metà strada si incontra la Chiesa della Madonna della Vittoria, restaurata da poco, grazie al lavoro gratuito e alle offerte dei paesani.La vecchia chiesa era crollata. Da un paio d'anni è stata riaperta e si è ripristinato l'uso della festa. I problemi sono solo per trovare un prete, causa la carenza di vocazioni, fisso per la messa che per adesso viene celebrata la domenica.Per gli altri giorni i pellegrini si recano alla Madonna degli Angeli, dove viene celebrata tutte le mattine alle 6,30....
grazie di queste informazioni... quindi se ho ben capito andando verso Chieti Scalo...ciao e buona giornata da Maria
RispondiElimina