L'altra sera assistendo ad un programma sportivo domenicale, in onda su una TV locale, una coppia di conduttori si gingillava, apparentemente felice della propria ignoranza, sulla posizione dell'accento tonico da attribuire ad una cittadina lombarda: Sèveso o Sevèso? Si dice Sèveso, ma forse questo è poco importante anche se si tratta di un centro di poco meno di 20 mila abitanti, sito non esattamente nel Mali, ma tra Milano e Como, e che vanta anche una squadra di calcio che ogni domenica, nella sua categoria, cerca di guadagnarsi i tre punti. Più importante sarebbe stato che i due conduttori, anche se giovanissimi, avessero saputo che poco più di trent'anni fa, esattamente alle 12.37 di sabato 10 luglio 1976,( io allora lavoravo a Milano è ho vissuto in diretta quegli avvenimenti) nello stabilimento della società ICMESA di Meda, confinante con Seveso, un reattore destinato alla produzione di triclorofenolo, un componente di diversi diserbanti, perse il controllo della temperatura. L'apertura delle valvole di sicurezza evitò l'esplosione del reattore ma l'alta temperatura causò una massiccia formazione di diossina (TCDD), una delle sostanze note maggiormente tossiche. Si è quindi formata una nube tossica che ha colpito in particolare il territorio di Seveso. Le prime avvisaglie furono l'odore acre e le infiammazioni agli occhi. Alcune persone subirono delle degenerazioni della pelle (cosiddetta cloracne) mentre gli effetti sulla salute generale sono ancora oggi oggetto di studi. È infatti opinione della popolazione locale che sia aumentata la percentuale di tumori. Sta di fatto che le abitazioni comprese nella zona A (la più colpita) furono demolite e il primo strato di terreno venne rimosso. Dopo 10 anni, in questa zona è sorto il Bosco delle Querce. Immediatamente dopo l'avviso - avvenuto 8 giorni dopo - iniziarono a circolare voci di possibili malformazioni dei feti e molte donne gravide abortirono presso ospedali o cliniche anche di altri Stati. Una tragedia ecologica, insomma, una delle più gravi che hanno colpito il nostro Paese. Ci verrebbe da dire che, per rispetto, sarebbe meglio non scherzare su un nome che è diventato il simbolo stesso di una minaccia sempre più incombente sulla nostra vita. Ma lo diciamo solo sottovoce, anche perché ci siamo accorti che nell'elegante sito ufficiale del comune di Seveso, alla voce «storia», questa pagina è stata saltata a piè pari, quasi a voler rimuovere anche il ricordo di una tragedia che trentuno anni fa ha sconvolto la vita e la stessa geografia di questa cittadina operosa. Lo hanno fatto per non spaventare i turisti?
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purtroppo l'ignoranza non ha limiti...... io ero piccolino quando successe il fatto pero' ho un vago ricordo di qualche informazione che ti rimane nel cervello.... leggendo il post si è fatto un pochino piu' vivo il ricordo...ciao buona giornata
RispondiEliminagrazie del contatto. sicuramente era inboscato.
RispondiEliminaciao a risentirci.
non ero a conoscenza di questa vicenda... purtroppo negativa...
RispondiEliminarispondo a quello che hai detto da me....vero... il macho non lo era su tutti i fronti
grazie per i tuoi commenti sempre così simpatici...
buon martedì
Una vergogna...E purtroppo ce ne sono tanti di casi simili in giro...
RispondiEliminabuon weekend
@silvia
RispondiEliminaun caso come quello di seveso è unico in Italia e si spera rimanga tale.In quei giorni mi ricordo gli operai dell'Icmesa che non sapevano cosa sarebbe successo dopo la loro lunga esposizione alla nube tossica ( parecchi si sono ammalati seriamente e sono stati fatti dei test di sopravvivenza dai vari istituti di riocerca di Milano ):L'istituto Mario Negri si è arricchito con le sovvenzioni della Roche e si è comperato una grossissima quantità di strumenti diagnostici su questa sostanza, diossina, che allora era pressocchè sconosciuta nella letteratura chimica. Si seppe dopo che quelle sostanze prodotte in quella fabbrica, così vicino alle case, venivano utilizzate come defoliante nella guerra nel Vietnam dagli americani.Tante cose si dissero e tante se ne fecero, ma la verità sulla fabbrica dell'Icmesa non è stata mai rivelata interamente. Come al solito chi ne ha fatto le spese è stata solo la popolazione che abitava nei paraggi e gli operai della fabbrica che è stata smantellata e la terra circostante è stata grattata per un'altezza di 30, 40 cm e stoccata tutta in vasconi di cemento armato in discariche specializzate allo smaltimento della diossina.