25.5.10

Centrale nucleare a Chieti


Tiene ancora banco il dibattito sul nucleare a Chieti. Il capogruppo del PDL, Ginefra, vuole mettere all'ordine del giorno, nella riunione del consiglio comunale, la discussione che dovrebbe rendere possibile la realizzazione di una centrale nucleare sul nostro territorio cittadino. Da non credersi, perchè il primo cittadino, neoeletto, aveva basato la sua campagna elettorale sul fare e bollando sia le trivellazioni dell'ENI sul nostro territorio ( in mare è tutta una piattaforma sopratutto davanti le coste di Ortona e Vasto) ed escludendo categoricamente la possibiltà di insediamenti come le centrali nucleari, causa la sismicità del territorio (vedi ultimo terremoto dell'Aquila). Le premesse erano buone e lui ha vinto facendo man bassa dei voti, sottraendoli, giustamente, agli altri partiti (meno lungimiranti) e mandando ma casa il precedente sindaco PD con una grossissima maggioranza. Dopo 50 giorni, a sentire Ginefra, sembra che le cose siano drasticamente cambiate, si riparla di nucleare dimenticandosi tutte le energie alternative come il solare, l'eolico, il geotermico; come si dovrebbe fare secondo quanto sostengono due professori universitari: il fisico del clima Antonio Zecca e il ricercatore di fisica chimica Claudio della Volpe che, da tempo fanno parte di Aspo, l'Associazione per lo studio del picco di petrolio, una realtà internazionale che è presente anche in Italia ed è composta da circa centocinquanta professori e ricercatori che sulla Rete dibattono dei temi più importanti del nostro tempo. In particolare Zecca e Della Volpe si sono occupati di valutare dal punto di vista prettamente tecnico e scientifico se una centrale nucleare possa essere una soluzione per le scorte energetiche - sempre più ridotte - del nostro Paese, e più in generale a livello mondiale. La risposta è no: per i costi troppo elevati, i tempi di costruzione che superano un decennio, la materia prima - l'uranio - che oltre ad essere radioattivo e quindi pericoloso per la nostra salute e per l'ambiente non è infinito e esattamente allo stesso modo del petrolio prima o poi non ci sarà più. Un ragionamento che inevitabilmente conduce a riflettere sul nostro stile di vita, su un modello improntato sul consumo (la nostra ricchezza viene valutata con il Pil), su un sistema globale di produzione di energia che andrebbe riconvertito perché funziona grazie a risorse finite come petrolio e minerali. Un sistema dietro cui spesso ci celano interessi di potere tra le nazioni e meccanismi di controllo poco democratici: «La centrale nucleare è un oggetto ben definito: due chilometri per due, ci metto le pattuglie armate, nessuno può entrare e controllo io con un interruttore e posso togliere l'energia in qualsiasi momento. Nel blocco sovietico, ai tempi della «Cortina di ferro», avevano realizzato dei quartieri nuovi con riscaldamento centralizzato. Quando c'era un movimento o uno sciopero venivano spenti gli interruttori delle centrali e tutti rimanevano al freddo. Dopo tre giorni tutti smettevano di manifestare», racconta Antonio Zecca. L'uranio, poi, l'elemento che fa funzionare una centrale nucleare, sta finendo e lo dice l'Agenzia internazionale dell'energia. Se tutti nel mondo facessero quattro reattori, come vuole fare l'Italia, non ci sarebbe mai abbastanza uranio per farli funzionare. Siamo già nei guai, non è questione di venti o trent'anni. Della Volpe : Se si comincia da adesso a costruire una centrale si finisce, se va bene, tra dieci anni. I finlandesi hanno cominciato nel 2002 e finiranno nel 2012. Sono in ritardo e prevedono di spendere il 50% in più di quello che hanno preventivato. Figuriamoci in Italia, quindi non è vero che costruendo centrali ci rendiamo indipendenti dal mercato internazionale delle fonti energetiche. È assolutamente falso perché dobbiamo andarci a prendere l'uranio negli altri Paesi. E come fanno gli altri a procurarsi l'uranio? La Francia ad esempio controlla o cerca di controllare le zone di altre realtà dove ci sono le riserve nel sottosuolo con effetti ambientali mostruosi. Quindi, nel caso in cui decidessimo di costruire delle centrali in Italia, non saremmo comunque indipendenti? Zecca : Esatto e poi c'è un altro fatto: le bombe atomiche, che ogni vent'anni circa devono essere rifatte perché il materiale radioattivo decade e la copertura in metallo si degrada. Quindi, quando saremo alle strette con l'uranio come si comporteranno i Paesi come Francia, Russia, Inghilterra, India e Cina, che hanno l'atomica? Smetteranno di fare bombe e lasceranno a noi l'uranio per far funzionare le centrali? Non credo proprio, prima faranno le bombe e poi, se ne avanza, l'uranio finirà sul mercato e lì la concorrenza si fa a suon di denaro.


10 commenti:

  1. Questo signore deve essere un giovanetto presuntuoso che non ha memoria di quello che successe quel giorno a Chernobyl, quando tutti ebbero un problema, a seconda della distanza dalla centrale, tanto che riscontrarono le radiazioni pure in Italia e per lungo tempo si aveva paura di mangiare verdura a foglia larga e fegato degli animali... per non parlare della paura del latte. Anche la Francia dove ci sono parecchie centrali nucleari, anche se di ultima generazione, rappresenta un pericolo per tutti noi. Quindi volemose bene, mangiate il panettone di Berluska, che il pericolo non viene solo da lui, ma anche dai suoi amici d'oltrealpe che dovrebbero venderci le centrali.

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  2. più che il problema sicurezza lo sconcerto deriva dal fatto che mentre gli altri paesi erogano fonti per la ricerca di energie alternative in Italia si vuole tornare a costruire centrali nucleari . così facendo cosa accadra? Le centrali saranno in funzione solo tra 10 anni, le 10 centrali di cui ha bisogno l'italia costeranno una enormità di soldi, l'uranio tra 10 anni costerà molto di più di ora,l'eliminazione delle scorie costerà moltissimo,in termini economici ed ambientali,e sarà un problema evitare che ciò vada in mano alla mafia. quindi tra dieci anni ci ritroveremo a produrre energia con costi altissimi e con tecnologie vecchie,mentre gli altri paesi avranno nuove tecnologie perchè sanno GUARDARE AVANTI E NON INDIETRO.

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  3. Se sono veri questi dati e cioè che in Francia sono attive 58 centrali nucleari che coprono l'80% dell'energia elettrica del paese, significa che ogni centrale contribuisce a circa 1,4% del fabbisogno nazionale. A questo punto la costruzione di alcune centrali in Italia coprirebbe solo qualche punto percentuale delle nostre necessità energetiche ad un costo astronomico. Infatti, tutti i costi di ricerca, approvvigionamento del combustibile, trasporto e stoccaggio delle scorie, ecc.. anzichè essere "spalmati" su molti impianti peserebbero solo su pochi. A meno che di non costruire diverse decine di centrali, l'operazione sarebbe totalmente insensata. Mi chiedo se qualcuno dei nostri illustri politici e scienziati ha fatto questi due conti della "serva"..

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  4. Considerato che i referendum hanno una scadenza, che in Veneto ce ne faranno una a ridosso del polo chimico di Marghera e quindi della bella Venezia, non posso che condividere le opinioni di chi dice che si tratta di una scelta irragionevole.
    Ad Arcore no?

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  5. Forse pochi sanno che in Italia abbiamo ancora il grossissimo problema dello smaltimento delle scorie della vecchia centrale nucleare di Montalto di Castro. Informatevi: il nucleare ce lo abbiamo già in casa ma solo che adesso si chiama monnezza-radioattiva !!!!! i PDLlini ipocriti erano contro tutto un mese fà (inceneritore, biodigestore..) ma a Chieti da quando hanno occupato e per 5 lunghi anni la comoda poltrona ci vogliono far tornare al nucleare, senza nemmeno consultarci... e pensare che una volta si faceva il referendum anche per scegliere "il colore della carta igienica" da mettere nel cesso.... Vergogna!!!

    Stef.

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  6. @Lorenzo

    A proposito del tuo suggerimento, che ritengo giusto (non sò come i nostri politici non ci siano nemmeno lontanamente...) ricordo la conferenza che Rubbia fece l'anno scorso quì all'università, in occasione di una discussione riflessione sulla produzione di energia nel mondo. Lui guardava con molta attenzione al nucleare. Ma non al nucleare attuale, basato sull’uranio, che è poco e che, con i soli limitati utilizzi attuali, si esaurirà in 40 anni e che quindi, con buona pace della campagna stampa oggi fragorosamente in corso, non può essere la soluzione, bensì come suggerisci tu, al TORIO, (sistema da lui brevettato ma non ancora operativamente realizzata) materiale, adesso, molto più abbondante in natura, non utilizzabile per usi militari e la cui radioattività "si dimezza in 500 anni, non in 10 milioni come l’uranio" (considerazione tutt’altro che confortante, se si pensa ai drammatici problemi di sicurezza in caso di fuoriuscite radioattive per malfunzionamenti, attentati, oltre che dai depositi di stoccaggio delle scorie). Detto tutto questo, continuava dicendo che il fotovoltaico è oggi troppo arretrato, e necessitava di ricerche e sopratutto di investimenti concreti. "Tutta l’energia che oggi si produce dai fossili potrebbe essere rimpiazzata da un solo grande impianto fotovoltaico situato nel Sahara, di 200 chilometri per 200, lo 0,1% dei terreni desertici". E ancora: "Tutta la produzione di petrolio dell’Arabia Saudita potrebbe essere sostituita da un millesimo del suo territorio desertico ricoperto di pannelli". Problemi tecnici? "Nessuno, basta solo volerlo". Purtroppo sulle energie alternative bisognerebbe investire di più, perchè ne va di mezzo il futuro dell’umanità. Oggi il business energetico rende 10 miliardi di dollari al giorno, più altri 10 miliardi di tasse; ma mentre le altre industrie, da quella dell’automobile a quella informatica, reinvestono in ricerca il 10-15% dei ricavi, l’industria energetica ne reinveste una frazione irrisoria, e così i governi. Se si cambierà rotta, se si investirà, le soluzioni si troveranno. La Silicon Valley, finita l’età d’oro dell’informatica, sta pesantemente investendo proprio nelle energie alternative. Questo sarà il futuro, e il business, dal quale l’Italia rischia di essere tagliata fuori.

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  7. Sicuramente spingere al massimo sugli impianti fotovoltaici è utile ma sinceramente, per la mia esperienza, dubito una azienda meccanica di media grandezza sia autosufficente; già mi sorprenderebbe se si arrivasse al 50%. Specialmente in città è molto difficile mettere un impianto sui tetti che sono di proprietà comune: si aprono complessi aspetti giuridici e gestionali ammesso che ci sia la volontà di farlo ....già è un cinema mettere d'accordo dei condomini per cose molto più banali figuriamoci a spingerli ad investire nel fotovoltaico! L'impianto fotovoltaico ha anche il problema che produce molta energia nelle ore centrali ma poco la mattina-sera e nulla di notte ...in più è soggetto agli aspetti meteorelogici. La quantità di energia elettrica DEVE seguire la domanda istante per istante ...purtroppo NON si può mettere in un serbatoio o metterla da parte, va consumata all'istante o riversata nella rete dell'ENEL. Quindi ammesso che esistano 15.000 ettari di tetti, si aprono problemi di "asincronia" dell'energia prodotta rispetto alla richiesta. Questa è un'altra ragione che fa capire che il fotovoltaico integra il portafoglio di fonti energetiche ma non può sostituirlo pesantemente o essere il principale. Poi c'è un'altra questione annosa di cui SOLO gli esperti per ora parlano: tra 20-30 anni come smaltiamo i pannelli fotovoltaici? Ci sono tecnologie quali il Tellururo di Cadmio e il Diselluniuro di Indio-Rame-Gallio di cui NON si conosce la stabilità chimica e la tossicità ...ti immagini se su un tetto su quattro, tra 10 anni scopriamo che abbiamo messo qualcosa di tossico? Le scorie non sono da meno mi dirai ...ma almeno non sono sui tetti di intere nazioni. Ripeto, sono solo ipotesi, non vorrei fare terrorismo. Non mi sto schierando, vorrei che si allargassero le vedute. Il mio sol scopo è far capire che come sempre, in campo tecnico-scientifico, le cose sono sempre maledettamente complesse e costose. Chi spara sentenze o si schiera seguendo una vena politica, sbaglia proprio di grosso, è uno sbaglio di approccio. Se mi permettete di filosofare un po', io credo che la democrazia dovrebbe in certe rare occasioni fermarsi e lasciare spazio alla tecnocrazia ....così la scelta la fanno SOLO tecnici e SOLO per ragioni tecniche. Il problema è che la tecnocrazia , di concetto, è antidemocratica quindi in uno stato democratico (e per fortuna noi viviamo in uno di questi) non può esistere!
    Saluti Giuseppe

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  8. IO DI CENTRALE NE VORREI UNA ANCHE AD ARCORE !!!

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  9. Da ignorante sull'argomento, io posso solo basarmi su quanto la stampa ( in modo più o meno obiettivo ) divulga a proposito del nucleare. Pensare di utilizzare una fonte energetica per quanto efficiente, fregandosene dei rifiuti che tale fonte produce e le problematiche di smaltimento ad essi connesse, credo sia a dir poco irresponsabile e di una poca lungimiranza. I metodi finora utilizzati ( tra cui le guerre di esportazione della democrazia ) non mi sembrano siano sufficienti... Vincenzo Balzani, ordinario di chimica all'università di Bologna e esperto di energia, a margine della presentazione del dossier del Wwf su Cambiamenti climatici e energia, ha affermato che in 6-7 anni diminuirà il numero di centrali nucleari: di qui al 2015 chiuderanno 90 reattori per raggiunti limiti di età (e ne apriranno 30). Pesante l'eredità: l'uso dell'atomo lascerà scorie nucleari (con tempi di decadimento radioattivo che vanno da 10.000 a 100.000 anni) a circa 5.000 generazioni.

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