5.10.16

Chieti - Il Parrozzo


 
La vita contadina abruzzese, scandita dal ritmo delle stagioni e, da tempo immemorabile, caratterizzata da piatti realizzati con grande semplicità. Se sulle tavole dei signori si spandeva la fragranza del pane bianco, quello fatto con la farina di grano s'intende, sulla mensa dei contadini si consumava il pane preparato con farina di granoturco che gli conferiva il classico colore giallognolo, di forma emisferica e cotto al forno a legna. Veniva chiamato "pane rozzo", proprio per il suo aspetto scuro e per la sua umile origine. Si deve alla felice intuizione di Luigi D'Amico, agli inizi del secolo scorso, la trasposizione dolciaria di quel pane: il giallo del granturco fu ottenuto con quello delle uova, la forma emisferica rimase inalterata, il colore scuro esterno, segno delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna fu ottenuto con una copertura di finissimo cioccolato fondente. Sembra che fu Gabriele d'Annunzio in persona a suggerire il nome di Parrozzo al dolce a lui particolarmente gradito, dedicandogli lettere e sonetti. Ma anche altri artisti abruzzesi, che erano soliti conversare amabilmente nel Ritrovo del Parrozzo, tra una goloseria e l'altra, ne celebrarono la bontà: Luigi Antonelli, commediografo e critico letterario nel 1927 scrisse una "Storia del parrozzo", il ceramista Armando Cermignani realizzò i disegni e i colori della scatola, il maestro Di Jorio musicò la canzone del Parrozzo sul testo dell'umanista Cesare De Titta. 

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