mio nipote 3 anni e mezzo
Dicono che il mondo è cambiato. Ogni mattina, ancor prima di aprire la finestra sappiamo già che tempo farà, che cosa faremo nel corso della giornata, quali gli appuntamenti, gli impegni, le scadenze. Abbiamo programmato tutto, pianificato ogni dettaglio, legato ogni attimo all´orologio se non al cronometro. Dominano l´informazione e la disinformazione, la fame di notizie e la sete di verità. Abbiamo a disposizione radio e giornali, televisioni e computer, telefoni fissi e “cellulari” mobili. I funghi non crescono più, o crescono meno, ma spuntano antenne di tutti i tipi ed in tutte le direzioni. Il carro, che fino a cinquant´anni fa era mezzo di trasporto usuale, lo si trova soltanto al museo. L´automobile domina la nostra vita ed è causa di morte; occupa spazi che fino a ieri l´altro erano deputati al gioco dei bambini o alla conversazione degli adulti. Il cavallo è diventato un quadrupede da diporto, compagno di escursioni per ricchi; la vacca una povera bestia, ridotta al rango di lattifera, con mammelle da supermaggiorata, spesso mal sopportata perché... “puzzolente”. Si consumano profumi e detergenti a vagonate, si affollano le farmacie e si assillano i medici per un nonnulla. Si ha paura della morte e si ha paura della vita. Si crede in molti dèi e non si crede più in quell´Unico che bastava per tutti. Le unioni si sono fatte fragili e le divisioni sono pane quotidiano. La parola “amore” è sulla bocca di tutti, proclamata in mille salse, e quasi sempre usata a sproposito. Gli odi dominano il pianeta. I figli sono diventati merce rara, spesso contesi, prodotto di scambio nelle cause matrimoniali. Non si emigra più. Importiamo manodopera. Esportiamo armi ed alziamo barriere contro la temuta invasione di popolazioni straniere. Già il 4% di chi vive nel Nord-est ha una pelle di colore diverso o un idioma per molti versi incomprensibile. I loro figli riempiono gli spazi e le aule lasciate vuote dai nostri o da quelli che non abbiamo.Un tempo, le porte di casa erano spalancate, forse perché c´era ben poco da rubare. Adesso, se non c´è la porta blindata non si va neanche dal giornalaio. Crediamo di essere nel futuro e siamo ripiombati nel medioevo delle cittadelle fortificate e delle ronde notturne per strada. Si vive più a lungo e si invecchia più tardi. C´è il parto “indolore” e si muore da soli; bene che vada, con una “badante”, grazie alla quale possiamo evitare la struttura sanitaria assistenziale. Un tempo si chiamavano case di riposo, ma evocavano il “riposo eterno” e non è sano ricordare che la morte è come un´ombra: ti accompagna ad ogni passo. Di questi tempi sono cambiate molte cose e si sono modificati persino i sostantivi. Qualche esempio di ipocrisia delle parole: la polenta è diventata “pasticcio di mais”; il baccalà “pesce veloce del Baltico”; il contadino “vignaiolo”; l´ubriacone “intenditore di vini”; l´obeso “buongustaio”. Solo i miserabili hanno mantenuto il nome ed il peso dei loro reati. Se a rubare è un poverocristo si chiama “ladro”; se lo fa il potente di turno diventa, al massimo, “appropriazione indebita”. Se una disgraziata vende se stessa è “puttana”; se lo fa una signora perbene è una “che si gode la vita”. Gli esempi sono infiniti. Le mense abbondano di derrate esotiche. I campi verdeggiano di colture intensive o dei cespugli che stanno dominando gli incolti. All´orizzonte si stagliano assunti perentori e minacciosi: OGM, manipolazione genetica, dominio della tecnica sulla natura. Si fanno prove in provetta. Si brevettano le piante e la vita. Tutto questo, tutto quanto, è accaduto in un soffio, in pochi decenni. Stiamo meglio? Siamo migliori dei nostri poveri vecchi, che erano poveri e faticarono a vivere fin dall´infanzia? Ognuno di noi se lo chiede, talvolta, magari la notte quando, insonne, pianifica il giorno a venire. Ognuno, probabilmente, si dà una riposta di comodo. Eppure i figli della terra, gli uomini dei campi, che sono poi i nostri padri, vissero brandelli di vita che, riletti con l´occhio di oggi, assumono i toni di un´esistenza ordinata. Se vi capita di chiederlo a loro, ai nostri vecchi, vi diranno che stavano meglio quando stavano peggio. Nel linguaggio corrente: si accontentavano di poco e gioivano per il ragionevole. Adesso abbiamo di tutto, di più. In questa bulimia da possesso s´è smarrita la bussola della semplicità, del nascere e del vivere, dell´invecchiare e del morire secondo le leggi millenarie della natura.
complimenti per il post. condivido il tuo pensiero... bulimia da possesso... lo dico sempre anche ai miei figli.
RispondiEliminaps. tanti auguri!!
Principalmente, all'uomo "moderno" manca una cosa, che l'uomo "antico" possedeva in quantità superiore: il buonsenso...
RispondiEliminaio sono un pro tecnologia, senza PC non riesco fare piu' nulla, anche una semplice lettera mi rimane difficile perchè non c'è il correttore automatico.....sono pero' consapevole e d'accordo con quello che hai scritto...... se usata male, è un grave danno irreversibile.
RispondiEliminaL'odio c'è sempre stato, da che mondo è mondo e non è un frutto dei tempi moderni, anzi il passato ci insegna che la crudeltà delle persone hanno fatto stragi ineguagliabili......
Pienamente d'accordo con te... non ci si accontenta mai...
RispondiEliminaComplimenti bel post
condivido anche io il tuo post.. ciao da Maria
RispondiEliminaNon sono del tutto d'accordo... Con il progresso, è normale, qualcosa si perde e qualcosa si guadagna; io penso sia più quello che si guadagna, però. Penso che si rimpianga il tempo antico (ma quale, poi?...) perché si era più giovani, si avevano meno acciacchi.
RispondiEliminaIl "laudator temporis acti" è una figura che c'era già ai tempi dell'antica Roma...Possibile che si stesse sempre meglio "prima"?
Cordialmente,
gatta susanna